Recensioni

AA.VV., John Ford / John Wayne – Western Classics

westernclassicsAA. VV.
John Ford / John Wayne – Western Classics
Él Records*
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Sebbene non abbia girato solo western, giacché nella categoria non rientrano capolavori come Un Uomo Tranquillo (The Quiet Man, 1952) o Il Sole Splende Alto (The Sun Shines Bright, 1953), John Ford è stato il più grande regista di film western, ossia (assieme al musical) il genere cinematografico americano per eccellenza; nessuno come lui ha saputo sciogliere la metafisica della tragedia in poemi visivi altrettanto commossi e strazianti, nessuno ha saputo trasformare l’epica della frontiera in un viaggio interiore altrettanto sofferto, e soprattutto, nessuno ha mai saputo farlo ricorrendo a un linguaggio altrettanto accessibile eppure, dietro l’apparente semplicità, intessuto di virtuosismi e ricerca.

Il suo attore-feticcio, come lui di origine irlandese, è stato senza dubbio John Wayne, simbolo granitico e al tempo stesso tormentato dell’umana avventura alla base della conquista dell’ovest, nonché alfiere di una nostalgia lancinante, spesso venata d’autoironia, verso le civiltà e le tradizioni del passato. A Ford e Wayne è dedicato questo Western Classics, antologia realizzata dalla londinese Él Records attingendo alle musiche di due film diretti dal primo, L’Uomo Che Uccise Liberty Valance (The Man Who Shot Liberty Valance, 1962), immortalato anche in copertina (mentre all’interno del libretto ne trovate riprodotta la locandina italiana), e Cavalcarono Insieme (Two Rode Together, 1961), e di tre interpretati dal secondo ma firmati (anche) da altri registi, nella fattispecie il Michael Curtiz di I Comanceros (The Comancheros, 1961) e l’Andrew V. McLagen di McLintock (McLintock!, 1963), più i quattro cineasti – Richard Thorpe, George Marshall, Henry Hathaway e lo stesso Ford – dietro le mdp del collettivo La Conquista Del West (How The West Was Won, 1962).

Da Liberty Valance arrivano il tema principale, composto dallo specialista Cyril J. Mockbridge nella forma di una fanfara solenne, sì, ma già distinta da quel tono demistificatorio, crepuscolare e antiretorico poi destinato a sfociare nei valzer siglati dal violinista David Mansfield per la colonna sonora dei Cancelli Del Cielo (Heaven’s Gate; Michael Cimino, 1980), e il folkeggiare old-timey dell’omonima The Man Who Shot Liberty Valance, scritta da Burt Bacharach e Hal David per Gene Pitney (che la porterà in classifica nello stesso anno) sebbene non utilizzata nella pellicola, e difatti qui presentata nella versione dei Fairmont Singers, un gruppo di oregoniani passati dai tour con Jimmie Rodgers alla militanza nei New Christy Minstrels (un’altra bella versione dello stesso brano la si può trovare, appena inficiata da un suono tipicamente ottantesco, in That’s Why I’m Here [1985] di James Taylor).

Da Cavalcarono Insieme, invece, provengono le musiche dei titoli di testa (un tipico movimento western di George Duning) e la melodia inconfondibile di Sul Bel Danubio Blu, il più famoso tra i valzer viennesi di Johann Strauss (figlio); dai Comanceros la title-track con lo stesso titolo, uno spedito skiffle eseguito dal maestro genere, lo scozzese Lonnie Donegan. Le quattordici tracce desunte dalla Conquista Del West, quasi tutte ascrivibili al direttore d’orchestra Alfred Newman, risuonano, al contrario, in ossequio al carattere agiografico e picaresco del film, magniloquenti, elaborate, piene di cori, archi e piatti in continuo tumulto, laddove le undici estratte da McLintock, data anche l’atmosfera più trasognata, quasi da commedia sentimentale, delle immagini, si adagiano sulle cadenze spensierate di un country-folk ricco di umorismo e spunti tradizionalisti, tra l’altro culminante in una prestazione per voce sola dello stesso Wayne (Katie With The Light Red Hair, in cui il nostro «Duke», tra stonature assordanti e nitriti equini, veste alla perfezione il ruolo …dell’ubriaco).

Malgrado le sembianze da prodotto per studiosi, Western Classics non si rivolge solo a chi del western, dei film di Ford e Wayne, o delle loro colonne sonore, ha fatto materia accademica. In ciascuno di noi, il mondo interiore è determinato dall’ampiezza della memoria e alimentato dalla sua capacità di interagire con la realtà fenomenica. Il cinema di un tempo lo sapeva (Ford ne ha fatto un’arte imperitura), perciò in ognuno degli episodi di Western Classics abita la prerogativa di dischiudere orizzonti amplissimi: la frontiera, appunto, e nel mezzo noi stessi.

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