Interviste

Intervista a Ben Miller Band, l’orchestra che suona Ozark Stomp

Hanno fatto da supporter agli ZZ Top nel recente tour passando anche dall’Italia, prima quasi nessuno li conosceva e difatti la loro discografia è scarna, un po’ come la loro musica. Due album, l’ultimo Any Way, Shape or Form (vedi recensione Buscadero n.370) per la New West, molto interessante nel proporre una versione di Americana arrembante ed esplosiva, immagine di un trio di montanari dalle scarpe grosse ed il cervello fine, figli di quel Missouri isolato e povero che fa da sfondo alla splendida pellicola di Debra Granik, Winter’s Bone (Un Gelido Inverno).

Sono in tre, Ben Miller, Scott Leeper e Doug Dicharry, ma fanno un gran casino, suonano strumenti assemblati da loro stessi che provengono dalla tradizione della old time music ma corretti secondo la loro verve battagliera e scapestrata. Così amplificano l’asse da lavare, i cucchiai li distorcono col pedale, il contrabbasso è un manico di scopa ad una sola corda infilato in un secchio di metallo, il microfono è un vecchio telefono amplificato, chitarre, mandolino e banjo più che suonati vengono aggrediti, ogni tanto compare un vecchio trombone da marching band di New Orleans, insomma la Ben Miller Band è una piccola selvaggia orchestra di assatanati busker che suona quello che loro chiamano Ozark stomp ovvero folk delle montagne, gospel dei vecchi tempi, southern-country, down-home blues e jazz pre-bellico applicati alla loro eccentrica personalità e con arrangiamenti rosso-sangue. La rivista Rolling Stone li ha votati all’Americana Music Festival del 2014 come Best Instrumentation, noi abbiamo raggiunto il chitarrista Ben Miller ed il contrabbassista Scott Leeper via e-mail per questa succinta intervista.

Any Way Shape or Form è uno strano titolo per un album, cosa significa?
Ben Miller: È un vecchio termine legale che definisce qualsiasi situazione che può scaturire in futuro, pensavamo che quel titolo fosse appropriato per l’album, poteva rappresentare l’evoluzione della band e della sua musica. Il percorso, l’espressione e la forma della nostra musica sono sempre in cambiamento e ciò è basilare per noi. La nostra spregiudicatezza deriva da come noi siamo, non siamo una band con un concetto da seguire, piuttosto viviamo insieme una sorta di evoluzione biologica.
Scott Leaper: Il titolo si riferisce al mestiere dello scrivere canzoni, come nasce l’approccio alla storia che vuoi raccontare.

Venite dal Missouri, una terra ancora selvaggia, ho visto quei posti nel drammatico film Winter’s Bone (Un Gelido Inverno n.d.r) dove una splendida colonna sonora spargeva suoni di musica country, musica delle montagne, musica del sud. Vi sentite di appartenere a quella tradizione?
Ben: Prima di tutto amo da morire quel film. E’ un’impresa difficile catturare il modo di sentire un luogo ma penso che con quel film abbiano fatto un grande lavoro, si sente davvero il respiro e lo spirito delle Ozark Mountains. Però per quanto mi senta vicino ad una tradizione, io non penso di appartenere veramente ad una parte di qualcosa. Se proprio devo essere dentro la tradizione allora mi sento come qualcuno che ruba ciò che gli serve dalla musica più vecchia per fare musica che esprima se stesso e rappresenti la propria band.
Scott: Si, ci troviamo a nostro agio nello spirito delle Ozark Mountains e nella storia della sua musica e la strumentazione che usiamo riflette il nostro ambiente, povero e rurale. Le cose che suoniamo sono le cose che possiamo suonare con i nostri strumenti, strumenti costruiti da noi stessi con pezzi che altri in genere buttano via e noi riassembliamo. E’ eccitante creare suoni con questa strumentazione, è come essere uno chef che va al mercato a cercare nuovi ingredienti.

Le vostre canzoni abbracciano musica country e dixieland jazz, vaudeville e musica hawaiana, hillbilly and marching bands, ballate e blues da juke joint ma soprattutto possiedono una marcata attitudine rock n’roll. Siete una band di old time music o vi sentite dentro quella nuova brezza che accomuna gli Avett Brothers e Old Crow Medicine Show?
Ben: Penso che siano gli altri a definire dove la nostra musica sia incasellata. Per quanto sia interessato, non penso che ciò mi importi granché. Voglio dire che non stiamo cercando di preservare della vecchia musica e nemmeno in modo deciso di concepire una cosa nuova, semplicemente usiamo tutto quanto sia disponibile per comporre canzoni che ci trasmettano qualcosa, e la speranza è che quello che noi sentiamo lo possano sentire anche gli altri. Nel genere Americana c’è chi ruba e chi imita, noi ci mettiamo tra chi ruba, prendere qualsiasi materiale per crearne del nuovo. La differenza è tra creare e preservare, non ci interessa mettere la musica sotto una campana per mantenerla pura e sicura, noi vogliamo cucire un nuovo vestito con vecchi tessuti.
Scott: Si, sentiamo di fare parte di una nuova brezza musicale perché non sempre ciò che io ammiro è la musica tradizionale. Voglio dire, a volte quando crescevo ciò che apprezzavo di più era una musica radicale che prendeva qualcosa si dal passato ma suonava come uno strappo, una espressione del presente. Ecco perché mi sento di appartenere ad una nuova brezza di musica.

Quali sono i soggetti delle vostre canzoni visto che nel promo che ho in mano non ci sono i testi. Riflettono forse il luogo dove siete nati e cresciuti?
Ben: Certo, naturalmente, per me c’è un legame profondo con la regione delle Ozark Mountains, sento che la nostra musica assomiglia al luogo da dove veniamo, siamo influenzati da tutto ciò che ci circonda.
Scott: La musica sintetizza le nostre vite e le nostre esperienze, oltre alle influenze che derivano dalla nostra gioventù, dal presente e dai luoghi geografici in cui abitiamo. A dire la verità non sappiamo bene come identificare la nostra musica ma come spesso succede quando suoniamo nei bar e la gente si mette a ballare scatenata, quando ci chiedono che musica suoniamo ci viene spontaneo rispondere Ozark stomp, con riferimento alla regione in cui siamo cresciuti.

Siete solo in tre ma fate un gran casino, come foste una vera rock n’roll band, quali sono i punti di riferimento del vostro far musica, le vostre influenze?
Ben: Abbiamo tantissime influenze, decisamente eclettiche e ci vorrebbe troppo tempo per menzionarle. Ti posso dire che il mio primo approccio alla musica risale a quando ero studente a Philadelphia e fui sorpreso di trovare così tanta musica da ascoltare alla Free Library of Philadelphia, un mondo di musica estraneo al consueto circuito del pop e di Mtv. Dopo che mi spostai a vivere a Joplin nel Missouri incontrai Scott Leeper e Doug Dicharri e con loro iniziai a fare jam in un club locale, così che nacque l’idea del trio.
Scott: Naturalmente ciascuno di noi ha le proprie influenze, ho suonato nella country band di famiglia prima di avvicinarmi alla cultura pop, Beatles, Stones, roba del genere. Ho imparato molto ascoltando il blues del Mississippi, quello antico e quello corrente, il blues ha avuto un grande impatto su di me, specie Fred McDowell, Son House, R.L Burnside e Robert Johnson. Per quanto riguarda la musica degli Appalachi il mio riferimento rimangono le vecchie incisioni della Carter Family e Clarence Ashley.

AWSOF è il vostro secondo album? Quando avete iniziato a suonare insieme?
Ben: Nel 2004.
Scott: AWSOF è il nostro primo album con una vera etichetta discografica, prima abbiamo pubblicato un CD intitolato Heavy Load ed un Lp di beneficenza Record for Joplin per contribuire alla ricostruzione della nostra città natale, Joplin, decimata da un tornado.

Ciò che mi piace particolarmente del vostro album è l’essere scanzonato in alcuni parti e malinconico in altre, eccitante in certi brani e fresco ovunque, quel misto di elettrico e acustico, selvaggio e tradizionale, ma qual’ è la vostra vera natura e come riuscite a fondere tutti questi elementi?
Ben: Certe volte quando ascolto una band le loro canzoni sono tutte sulle vicende amorose, altre volte una band suona nient’altro che canzoni macabre e tristi e certi brani riguardano solo la critica sociale. A mio parere ciò è abbastanza strano e bizzarro, perché le canzoni sono come le espressioni umane, l’essere umano ha uno spettro ampio di pensieri e sentimenti. Certe volte mi sento felice, altre triste, qualche volta arrabbiato e poi tribolato, proprio come chiunque altro. E’ naturale che le canzoni siano così varie, esprimono quelle variazioni, quei diversi stati d’animo.
Scott: La nostra natura è varia come le canzoni che scriviamo ma spesso i testi non hanno un significato compiuto, sono piuttosto un adattamento delle parole alla musica. In breve le parole devono suonare bene.

Gli ZZ Top vi hanno voluto come supporter nel loro tour, come è nata la vostra amicizia? Siete contenti di come è andato il tour?
Ben: Noi e gli ZZ Top lavoravamo con lo stesso management. Non so perché loro pensarono che saremmo andati bene insieme con loro in tour ma sono incredibilmente contento che sia andata così. Non eravamo mai stati in tour con una band così importante e non avevamo idea di cosa ci aspettasse, sei solito ascoltare storie di grandi band che trattano i musicisti che gli aprono i concerti in maniera meschina e villana, ma gli ZZ Top e i ragazzi che lavoravano con loro sono stati fantastici. Ci siamo frequentati ogni giorno del tour, ci hanno introdotto ad un pubblico che non avremmo mai raggiunto e siamo diventati veri amici.
Scott: Gli ZZ Top ci hanno preso sotto la loro ala per alcuni intenti e noi siamo orgogliosi e onorati di aver lavorato con loro. Sono conosciuti come tipi molto alla mano, belle persone con un atteggiamento concreto verso i problemi.

Sembra essere un momento particolarmente felice per la musica delle radici, un pubblico più ampio e delle nuove band, cosa pensate al proposito? Ritenete sia una reazione contro tante sovraproduzioni?
Ben: No, non penso sia una reazione contro le sovraproduzioni, penso piuttosto sia una reazione contro il mare di spazzatura che ci circonda e inonda i media. Le persone sono stanche di essere prese in giro. Siamo inondati da reality TV falsi e secondo copione, nuovi canali che inventano storie per coinvolgerci in narrazioni fini a sé stesse, senza un credibile nesso con quella realtà che viviamo quotidianamente. Non è la qualità della produzione che le persone odiano ma il loro contenuto.
Scott: Il fatto che ci sia una audience più ampia per il genere Americana ci piace e rincuora e probabilmente esiste una effettiva reazione contro certa musica sovraprodotta e artificiale.

Fantasmi, King Kong, outsiders…. alcuni titoli di AWSOF mi fanno venire in mente soggetti cinematografici?
Ben: Ad essere onesto, fantasmi e outsiders non sono ispirati dal cinema, al contrario King Kong è proprio ispirato al film.
Scott: Il cinema e i film sono una delle nostre grandi influenze.

Pensate di ritornare ad esibirvi in Italia?
Scott: Sebbene non abbiamo al momento date programmate per l’Italia, contiamo di ritornarci perché è una delle nostre destinazioni preferite, la passione con cui la nostra musica è stata accolta è l’evidenza che voi e noi corriamo sulla stessa strada.

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