Interviste

Rhiannon Giddens, intervista alla leader dei Carolina Chocolate Drops

Ancora un appuntamento a Milano, questa volta per incontrare Rhiannon Giddens.
Chi è Rhiannon Giddens? La voce, il violino, ma anche la leader dei Carolina Chocolate Drops, un gruppo che è riuscito a passare dal più completo anonimato e da un minuscolo mercato locale, alla fama nazionale. Al punto che sono entrati nel giro che conta. In breve hanno partecipato a vari concerti benefici, al tributo a Johnny Cash, sono apparsi alla Grand Ole Opry, hanno contribuito alla colonna sonora del secondo The Hunger Games, al tributo Divided & United.
La band ha subito diversi cambi di formazione ma Rhiannon Giddens è sempre rimasta saldamente al comando e la sua figura non ha tardato a farsi notare. T-Bone Burnett la ha presa sotto la sua ala protettrice e l’ha invitata al concerto in omaggio al film dei fratelli Coen, Inside Llewyn Davis. Poi l’ha messa nel gruppo di musicisti coinvolti nel progetto The New Basement Tapes, dove hanno messo in musica una serie di liriche di Bob Dylan che non avevano una partitura musicale. Rhiannon ha dimostrato di saperci fare ed è risultata tra le migliori del gruppo e T-Bone ha deciso di produrre il suo primo lavoro come solista. Il primo passo per la fama definitiva: Tomorrow Is My Turn.

[Intervista di Paolo Carù e Gianni del Savio]


Rhiannon ci aspetta negli uffici della Wea, a Milano. Non dobbiamo attendere molto per incontrarla. E’ alta, ha un viso gentile e anche lei lo è: molto gentile e bella. Parliamo per circa mezz’ora.

Sembra proprio che ti piaccia lavorare coi migliori produttori sulla piazza. Genuine Negro Jig è stato prodotto da Joe Henry, Leaving Eden da Buddy Miller e questo nuovo album, il tuo primo come solista, da T-Bone Burnett. Quale è il migliore?
Non è facile da spiegare. E’ come se prendi una mela o un’arancia, sono molto diverse. Al tempo stesso entrambe di attraggono. Joe Henry è stato perfetto per Genuine Negro Jig. Leaving Eden presentava una nuova band, c’era un approccio diverso e Buddy Miller è stato bravissimo. Questo nuovo album in cui sono state scelte canzoni diverse, era ancora una cosa diversa e T-Bone Burnett è stato perfetto. Sono stata molto fortunata, non potevo chiedere di meglio.

Forse T-Bone è stato un gradino sopra gli altri?
No, ognuno ha fatto la sua parte, al meglio. Per questo progetto, più diversificato rispetto agli altri, T-Bone è stata la scelta migliore.

Ci è piaciuto molto il fatto che hai coinvolto cantanti e autrici di vario genere nel tuo disco, come per tracciare una sorta di storia della musica. Ci riferiamo a Elizabeth Cotten, Dolly Parton, Jean Ritchie, Sister Rosetta Tharpe e Nina Simone. Sopratutto quest’ultima, che viene rappresentata attraverso due canzoni:  Black is The Colour e Tomorrow is My Turn, che dà anche il titolo al tuo disco.
La mia versione di Black is The Colour arriva da una ballata tradizionale del North Carolina, è una specie di rielaborazione. Il disco rispecchia le mie influenze, che sono bianche e nere. Io sento entrambi i tipi di musica. Più ascolto la musica americana, più mi rendo conto che è integrata, che arriva da una fonte comune.

Chi ha scelto le canzoni per il disco?
Le ho scelte io, almeno la maggior parte. Ho fatto una lista e l’ho data a T-Bone e lui era d’accordo. Incidiamole, ha detto. Lui ha portato Don’t Let it Trouble Your Mind, quella di Dolly Parton. Una canzone che mi piace molto. Dovevamo trovare una canzone per iniziare il disco e lui ha suggerito Last Kind Words, anche questa mi piace molto. Abbiamo inciso anche altre canzoni, oltre a quelle pubblicate, ma poi abbiamo deciso di fare un disco più corto. Non volevamo correre il rischio di annoiare.

I musicisti li ha scelti T-Bone?
La maggior parte li ha scelti lui: Jay Bellrose, Colin Linden, Dennis Crouch. Io invece ho chiesto di coinvolgere Gabe Witcher e Paul Kowert.

Ero curioso per Colin Linden, che è canadese.
Colin Linden è un grande musicista, uno che ha  il senso della musica. E’ uno prezioso da avere  in studio.

E’ anche un produttore.
Lo so, lo ha portato comunque T-Bone.

Hai incontrato T-Bone Burnett durante le registrazioni del concerto Another Day, Another  Time?
No, l’ho incontrato un paio di anni prima, durante le registrazioni della colonna sonora di The Hunger Games. Ho composto un brano a cappella, per sole voci, per la colonna sonora. Poi T-Bone mi ha portato ad incidere una canzone coi Chieftains, per il disco Voice of Ages: partecipiamo con il brano Pretty Little Girl.

Cosa ricordi di quella sera, del concerto per  celebrare il film Inside Llewyn Davis?
Mi ricordo che c’era un mucchio di gente. Nel backstage succedeva di tutto, regnava una incredibile confusione. Poi, quando si usciva a cantare, ognuno faceva la sua parte. Io mi sono esibita da sola, ero molto tesa ma anche molto attenta. Ognuno ha dato il meglio di sé. Abbiamo cantato assieme e da soli.

Carolina Chocolate Drops sono ancora assieme?
Si. E tutta la band adesso verrà in tour con me per promuovere questo disco. Aggiungiamo anche una basso e una batteria. Faremo brani da Tomorrow is My Turn ma anche dai dischi della band. Eseguiremo il nostro repertorio a trecentosessanta gradi.

Trovi l’articolo completo su Buscadero n. 376 / Marzo 2015

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