Foto: Rodolfo Sassano

In Concert

Slowdive live a Milano, 4/3/2018

In chiusura di un election day forse mai così incerto e sofferto, per i molti accorsi all’Alcatraz di Milano quantomeno un po’ di buona musica è arrivata dagli Slowdive. La band inglese, da quando è tornata l’anno scorso discograficamente, è stata perennemente in tour, con almeno un centinaio di date in un anno. Quello di questa serata era addirittura il secondo passaggio milanese, dopo una prima apparizione estiva sul finire d’agosto.

Ovvio che a questo punto del tour, Rachel GoswellNeil Halstead e compagni siano ormai rodatissimi e che il loro sia un show con pochissimi margini d’errore. Il fondersi delle due voci nelle loro bellissime melodie, i gorghi chitarristici che sono al cuore di molte loro canzoni e una sezione ritmica pulsante e precisa sono il trademark di un sound da sempre riconoscibilissimo, che ha saputo rimanere personale e unico pure nelle variazioni immesse in esso di album in album.

La bellezza dell’ultimo disco – per nulla un lavoro fatto col solo scopo di riportare in auge il proprio nome e andare in tour, bensì un disco vero – appare evidente anche dal vivo e il fatto che le sue canzoni siano l’ossatura, assieme ai pezzi del celeberrimo Souvlaki, dell’intero show è indicativo non solo del suo valore, ma pure di quanto la band creda in esso.

È proprio Slomo, l’avvolgente pezzo che apre Slowdive, a dare il via alle danze, per poi scivolare subito tra le spire del pezzo che dà il nome alla band stessa e all’unico estratto tratto da Pygmalion, la volatile e dronica Crazy For You. Da qui in poi è un susseguirsi di sognanti elucubrazioni shoegaze e di melodie dream pop risucchiate dalla distorsione chitarristica, il tutto ben supportato dagli splendidi ed efficaci visual alle loro spalle, capaci di sopperire anche al pacato e poco estroverso approcciarsi della band nei confronti del pubblico.

Pezzi nuovi come le bellissime Star Roving No Longer Making Time si sono alternati a classici quali AlisonWhen The Sun Hits, la loro cover di Golden Hair di Syd Barrett, fino ai bis con Dagger 40 Days che hanno chiuso un’ora e mezza di musica volata via in un soffio.

In apertura, abbastanza in tema, i francesi Dead Sea.

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