Foto: Lino Brunetti

In Concert

Tinariwen live a Sesto San Giovanni (MI), 28/7/2016

È toccato idealmente ai Tinariwen chiudere un luglio straordinariamento ricco dal punto di vista concertistico, oltre che di caldo torrido, zanzare e acquazzoni improvvisi e violenti. Non la prima volta in Italia per il gruppo di Tuareg del Mali, al Carroponte di Sesto San Giovanni addirittura alla loro seconda sortita. Al contrario dell’altra volta, come ormai accade spesso, non è presente il leader, cantante e chitarrista della formazione Ibrahim Ag Alhabib, da tempo restio ad andare in tour per rimanere vicino alla sua famiglia, in un periodo in cui purtroppo anche il Mali sta soffrendo una grave crisi politica interna.

E anche se la mancanza del carisma di Ibrahim un po’ si è sentita, non si può certo dire che il concerto sia stato rovinato da quest’assenza. Da sempre i Tinariwen sono un collettivo di musicisti e songwriters assai variabile, un gruppo aperto dalle molte combinazioni, elemento, questo, specchio della loro cultura. A reggere le fila del quintetto presente sul palco stasera c’erano il cantante e chitarrista (acustica ed elettrica) Abdallah Ag Alhousseyni e il cantante Alhassane Ag Touhami, membri di spicco di una formazione che prevedeva poi un altro chitarrista, un bassista e un percussionista (tutti anche alle voci).

Ad aprire l’ora e mezza di performance ci ha pensato con un brano Touhami, prima di lasciare per quasi tutto il concerto il centro del palco ad Alhousseyni, sicuramente quello che qui ha incarnato il ruolo che sarebbe stato di Alhabib, ovvero quello d’intonare il canto principale attorno al quale far aggrovigliare strumenti e voci, in un impasto ipnotico, ripetitivo, mantrico. Una musica che fonde le tradizioni musicali dei Tuareg, della musica dell’Africa Occidentale e della tradizione berbera, in un blend arricchito da echi blues, i quali ci fanno sentire questa musica incredibilmente vicina.

Tolto un pezzo che accorpava un canto rappato ad un tessuto percussivo su cui far stagliare un basso dub a là Guns Of Brixton – unica deviazione, peraltro discutibile, dal percorso principale – i cinque Tinariwen hanno stabilito un contato col pubblico presente (non tantissimo, ma neppure poco, alla fine), assecondando una sorta di ritmo ancestrale presente dentro ciascuno di noi, inducendo alla danza, dando vita ad una sorta di trance. Il ballo tradizionale in cui a tratti si è lanciato Touhami, ha fatto da contraltare visivo ad una musica asciutta, diretta, basica, praticamente priva di tentazioni personalistiche, ma allo stesso tempo dotata di una profondità impossibile da non rilevare. Afro blues desertico, stlizzato, vivido. Un bel sentire insomma, fuori dai consueti schemi a cui siamo abituati (ed è forse per questo che il brano citato sopra mi deve essere apparso così fuori luogo).

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