Foto © Lino Brunetti Chiunque segua anche in minima parte quello che scrivo, sa bene quanto ammiri il progetto di Adele Altro chiamato Any Other. Non solo penso sia una delle cantautrici e delle musiciste di maggior talento del nostro paese, ma anche allargando alla scena internazionale, credo sia comunque una delle migliori. Parlando con degli amici, tra il serio e il faceto, m’è capitato di definirla «la Fiona Apple italiana», e questo non per sminuirne in qualche modo il ruolo o la portata, quanto piuttosto per evidenziare il grado di livello di cui stiamo parlando.
Tutto ciò, per l’ennesima volta, è stato dimostrato dal concerto tenuto all’Arci Bellezza di Milano (finalmente dotato d’aria condizionata, che meraviglia!) il 6 ottobre, parte di un mini tour di sei date, probabilmente pensate a corredo dell’uscita dell’ultimo EP Per te che non ci sarai più, disco piccolo solo nella durata, ma importante sotto più fronti, a partire dal tentativo (riuscito) di provare a usare l’italiano, al posto dell’inglese, come lingua per i suoi testi (ma c’è un brano anche in giapponese!). Sei date dicevamo: due in solitaria, una con la solita band che l’accompagna e le ultime tre, tra le quali quella di Milano, in versione espansa con doppia batteria.
Partiamo da qui: se la sezione ritmica ce l’hai composta da due batteristi d’eccezione come Nicholas Remondino e Alessandro Cau, diciamo che sei già a buon punto per poter realizzare qualcosa di grande. Se poi ci sono anche il collaboratore di sempre, Marco Giudici, stavolta unicamente al basso e Giulio Stermieri a piano e synth, non ti rimane da fare altro che metterci la voce, le chitarre e un pugno di canzoni capaci di trapassarti l’anima.
«Suonare a Milano è sempre fonte d’ansia» dice Adele a inizio concerto. Non credo scherzi, perché si vede la concentrazione, la tensione di avere gli occhi puntati tutti su di sé, l’inevitabile nervosismo che si ha se ti esponi con pezzi dall’altissimo tasso emotivo. Ma se tra un pezzo e l’altro si lascia andare a qualche sbuffo per scaricare la tensione o espone un misto tra timidezza e disagio (che sì, possiamo chiamare ansia), quando si mette a cantare e suonare tutto questo scompare e viene fuori una sicurezza e una consapevolezza da lasciare senza fiato.
La voce, espressiva e sempre emozionante, non ha mai nessun momento di cedimento alcuno; la tecnica chitarristica è di gran pregio, senza essere mai sfacciatamente virtuosistica e spiega perché ci siano stati musicisti, vedi Colapesce, che in passato l’hanno voluta come regista nella propria band (tra l’altro suona diversi strumenti). Senza voler sminuire il lavoro dei musicisti con lei (tutt’altro, sono stati fondamentali) occorre però sottolineare che uno dei momenti più emozionanti del concerto è stato quando, più o meno a metà di un show per lei insolitamente lungo, ha eseguito due pezzi in solitaria: la vecchia Mother Goose, di un’intensità veramente difficile da reggere emotivamente e la nuova Unfolded, scritta da pochissimo e suonata dal vivo per la prima volta, un pezzo che ha nuovamente confermato uno stato di grazia a livello di scrittura che non pare avere flessioni.
Il resto della scaletta, comunque, non è stato affatto da meno, perché il lavoro fatto dai due batteristi (preparato lo strumento di Remondino, arricchito con oggetti di qualsiasi tipo) ha donato al tutto un sapore avant o da impro jazz non del tutto estraneo alle corde di Adele (e chi conosce gli altri suoi progetti lo sa bene), oltre che una raffinatezza ricercata sottolineata dagli interventi di Stermieri (la cui postazione era avvolta in una bandiera palestinese: «Noi siamo musicisti, ma ci sembrava una cosa da fare in questo momento») e dalla consueta maestria di Giudici, le cui linee di basso sono parse il perfetto complemento alle parti chitarristiche di Adele.
E poi, banalmente, le canzoni: dalla Per te che non ci sarai più con cui ha aperto, passando per una Second Thought eseguita in parte a cappella, fino alle bellissime, tra le altre, Stillness, Stop, Geography o Sonnet #4, quest’ultima un doveroso recupero rugginoso del suo primo album.
Concerto strepitoso, tra i migliori visti ultimamente. Sarebbe bellissimo, se il suo prossimo album sfruttasse questo assetto. Vedremo.