Foto: Lino Brunetti

In Concert

Cass McCombs live a Milano, 8/2/2017

Nonostante nove album e una carriera ormai quindicennale, Cass McCombs non è ancora riuscito ad imporsi più di tanto dalle nostre parti, e questo in controtendenza nei confronti di un plauso critico tutto sommato ecumenico e dell’apprezzamento tributatogli anche da diversi musicisti suoi contemporanei. Un po’ di colpa, in realtà, il cantautore californiano ce l’ha, visto che fino ad oggi, nei suoi album, ha continuato a ribaltare, a volte anche radicalmente, il profilo della propria musica, tanto che, pure buttando un’occhiata rapida alla pagina che gli dedica Wikipedia, il suo stile viene definito come “rock, folk, psichedelico, punk e alt-country”. Mancano giusto metal ed elettronica e poi dovremmo essere al completo.

Scherzi a parte, McCombs del talento in effetti ce l’ha (il New York Times l’ha messo tra i migliori songwriter della sua generazione), ma a tutt’oggi non pare aver trovato la sua via personale fino in fondo. Di sicuro c’è che il suo ultimo album, Mangy Love, dell’anno scorso, è uno di quelli, nella sua discografia, che ha collezionato recensioni tra le più entusiastiche, tanto che mi sa che il sottoscritto sia fra i pochissimi, invece, ad aver avanzato dei dubbi.

E in concerto? Nonostante quanto detto finora, al Biko c’è un discreto drappello di fan ad attenderlo e devo dire che dal vivo l’ho trovato decisamente convincente. Avevo avuto già modo di apprezzarlo in una breve esibizione al Primavera Sound dell’anno scorso e, quindi, in questa sua prima sortita italiana (credo in assoluto) cercavo una conferma, alla fine arrivata.

Accompagnato da un terzetto di validissimi musicisti a basso, batteria e tastiere, McCombs ha tenuto per sé la sei corde elettrica sulla quale, senza funambolismi, si è comunque dimostrato assai efficace. Dal vivo viene fuori un certo amore per la jam deadiana e più di un pezzo viene dilatato seguendo il filo di oniriche improvvisazioni o lasciando fluire un pulsare ritmico in più di un’occasione vicino ad un sentire funky. Sono queste le situazioni dove maggiormente si nota l’affiatamento tra una sezione ritmica composta dai tamburi percossi raffinatamente, ma pure con discreta potenza, da un ottimo Otto Hauser, e il suono del basso, cuore pulsante dell’intero sound. Su questa base s’inseriscono le partiture e gli assoli di chitarra e tastiere, mentre la sussurante voce del leader, per l’appunto non proprio potentissima, tratteggia le melodie delle varie canzoni.

Nell’ora e mezza abbondante di show, tante le canzoni tratte dall’album più recente – una Bum Bum Bum con cui hanno aperto, Opposite House, Medusa’s Outhouse, una serrata Run Sister Run, Cry, tra le altre – ma non sono mancate le incursioni nel vecchio repertorio, vedi pezzi come Big Wheel, la bellissima County Line, In A Chinese Alley.

Un concerto da vedere insomma, musicalmente appagante e col quale riappacificarsi con questo artista chiamato Cass McCombs.

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