Recensioni

Hunger Anthem, Lift

HUNGER ANTHEM 
Lift
Cornelius Chapel 
***

Mi piacciono questi Hunger Anthem, power-trio indipendente di Athens, Georgia, che fonde la distorsione grezza con il pop melodico. Iniziato come progetto solista del chitarrista e cantante Brendan Vaganek, l’esperimento si è rapidamente evoluto in una band completa, conosciuta per il suono crudo e lo-fi, con escursioni in ambito punk e una tale energia da non fare rimpiangere alcune band seminali degli ‘80 e ‘90.

Se Cut The Chord (2015), loro secondo lavoro, appariva già piuttosto maturo, con questo nuovo disco intitolato semplicemente Lift, gli Hunger Anthem esplorano nuove dimensioni, ovviamente senza rinunciare a una buona dose di punk rock e a venature grunge. Registrato con Mike Albanese e masterizzato da Joel Hatstat, quest’album, pur non aggiungendo nulla al genere, ne offre comunque un campionario di alta qualità e suonato da Dio.

E giusto per rimanere negli stilemi tipici dell’indie, del lo-fi, del power-pop e del punk rock, Lift si compone di 12 brani, per un totale di soli 32 minuti, dove il sound chitarristico permea ogni traccia senza lasciare scampo. Tutto questa messe di note infuocate è ben corroborata dalla sezione ritmica degli altri due componenti, che si dedicano anche alle voci.

L’iniziale Sun, con intro chitarristica che inganna a livello d’intenti, sfocia poi in un suono selvatico e rock che lascia il segno. Attacco alla Ramones per la successiva Remedy, mentre si ritorna sui binari del power-pop con il brano Patron. Bella anche Soul Clay, quattro accordi anche in questo caso, ma molto ben fatti, prima del ritorno al punk di Ways (tra le cose migliori dell’album), mentre con la title-track si veleggia al ritmo di un gradevole pop rock.

Dopo Bloodsucker, risulta interessante Daughter, con aggancio up-tempo della chitarra utile a ricamare il resto del brano, ma senza troppi sussulti in chiave rock. Ci avviamo alla conclusione con i quasi 8 minuti totali di Battles, Hours And Miles e Pattern, tutti archetipi rock da combo elettrico con spirito punkeggiante. Finale a effetto con Streetlights, ballatona lo-fi, quasi pop, cadenzata da da due semplici accordi dell’elettrica di Vaganek, che in questo caso utilizza la voce come fosse uno strumento musicale aggiunto.

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