Foto © Roberto Bianchi

In Concert

Lovesick Duo live a Lonate Ceppino (VA), 7/6/2025

Non occorre andare a Nashville, a Bakersfield o in qualche città del sud degli Stati Uniti per ascoltare dell’ottima country music. Nella serata del 7 giugno, il Black Inside, punto di riferimento nel nord Italia per la musica di qualità, ha ospitato i bolognesi Lovesick Duo che, in un locale tutto esaurito, hanno dato vita a un set spumeggiante, coinvolgente, divertente, nulla da invidiare ad analoghe esibizioni d’oltreoceano.

Per l’occasione, il duo, ovvero Paolo Roberto Pianezza, cantante e chitarrista, e la contrabbassista Francesca Alinovi, è diventato un quartetto con Filippo Lambertucci alla batteria e Lorenzo Assogna alle chitarre e quella che era già una collaudata esibizione di pura american music è diventata un torrente in piena che ha trascinato il pubblico  a cantare, battere le mani, applaudire e invocare a gran voce più di un encore, generosamente concessi.

La data del Black Inside è la prima di un lungo tour che li vedrà sui palchi di mezza Europa, una popolarità conquistata sul campo dopo anni di lavoro, concerti, dischi. Anche la scenografia vuole la sua parte e alle spalle dei quattro troneggia un drappo dai colori vivaci che rimanda ad una estetica western e di deserto tex-mex, un artificio per ribadire l’appartenenza a quell’universo, con una musica che  proprio dal vivo emana la sua contagiosa energia, il suo potere evocativo nei confronti di un’America che abbiamo sognato nei dischi del genere, coi gruppi di country-rock degli anni settanta, nell’immaginario di strade e orizzonti che neppure l’attuale corso delle cose in quella parte del mondo riesce a cancellare.

Grazie alla bravura di musicisti che sono completamente immersi in ciò che fanno e credono, a cominciare dai due leader,  la pimpante Francesca Allinovi, che col suo contrabbasso impone i tempi di un set dove il country si sposa in modo naturale col rockabilly e lo western swing, e Roberto Pianezza, bella voce, ottima pronuncia d’inglese, bravo chitarrista e front man capace di tenere la scena con brio, brillantezza, senso dello spettacolo. Sono altresì fondamentali i due “ospiti”, il ritmo serrato della batteria di Lambertucci e i graffi ora elettrici, qualche volta acustici di Assogna che, allorché il concerto si invola, aggiunge la giusta dose di rock n’roll sporcato blues.

Il repertorio è costituito da materiale originale tratto dai loro album A Country Music Adventure e All Over Again, da cover tra cui una versione orientata country di Memphis,Tennesse di Chuck Berry e da alcuni inediti presentati appositamente per questo tour. Iniziano con Blues Skies, Why You Been Gone So Long e The Rain ed è subito chiaro come il sound dello show risenta dell’interplay dei due chitarristi che si alternano con la Telecaster, la Guild e una Hofner vintage degli anni sessanta.

Risplende un sound anni cinquanta, secco, asciutto, essenziale, che ben aderisce a un country che non è mai una sviolinatura ma è infarinato di rockabilly e di melodie che non superano mai il consentito di zucchero. Pianezza sa come sedurre e dopo una manciata di titoli a tutta birra, con l’aiuto della sua compagna, si concede a momenti più rallentati dove usa la lap-steel per evocare pianure, grandi spazi, cittadine di provincia.

I Gotta Get Drunk è una spiritosa storia di ubriachi e dottori, Mama Tried al sottoscritto fa venire in mente i Grateful Dead più rurali, Lovesick Blues rimanda a Hank Williams, Sugar Foot Rag è un bluegrass in medley con Lovesick Blues, in Toady’s The Day è tutto il Black Inside a fare il coro, c’è una Cowboy Medley  e uno swing di cui non ricordo il titolo che scivola leggero ed elegante, prima di un finale frizzi e lazzi con sette brani come bis.

Ma non è ancora chiusa la partita, la dolce I’m in Love with My Baby sembra fatta apposta per mandare a casa tutti e invece dalla Louisiana arriva una scoppiettante Jambalaia. Due ore di concerto, due ore di benessere, due ore di musica suonata con feeling e professionalità, i Lovesick Duo sono un orgoglio nazionale. Teniamoceli stretti, c’è bisogno di gruppi così.

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