
Non è la prima volta che Max Weinberg e la sua Jukebox Band si esibiscono in Italia. Già nel 2019, il leggendario batterista della E Street Band aveva catalizzato l’attenzione del Castello Sforzesco con una performance interamente dedicata al rock’n’roll. Sei anni dopo, il ritorno è da brividi: 1 luglio 2025, poche ore dopo la prima delle due maratone di Bruce Springsteen a San Siro, Weinberg approda ai Magazzini Generali per un evento sold out.
Il pubblico è impaziente: molti indossano ancora il braccialetto del concerto della sera prima a San Siro, come simbolo di fedeltà e continuità. Dopo 40 minuti di attesa, è Claudio Trotta, storico promoter italiano e voce di mille concerti leggendari, a salire sul palco. Tra qualche fischio di protesta e tanto caldo da sopportare, Trotta introduce Max Weinberg e la sua band del New Jersey. Non appena mette piede sul palco, Weinberg taglia corto con i convenevoli: «Suoneremo due brani e poi scenderò tra di voi per chiedervi cosa volete sentire». Il concept è semplice e al contempo geniale: una scaletta personalizzabile, una sorta di jukebox umano. Il pubblico può scegliere tra oltre 60 brani, spaziando tra i giganti del rock.
Si parte con una potente versione di Hush dei Deep Purple, e il pubblico esplode. Anche se non mancano problemi tecnici – che si trascineranno per oltre un’ora – la professionalità della band emerge subito. Il primo brano scelto dal pubblico è il glam-rock immortale di Rebel Rebel di David Bowie, seguito dalla trascinante I Want You to Want Me dei Cheap Trick e da I Walk the Line di Johnny Cash. Lo spirito della serata si capisce subito: dopo i primi brani, a gran richiesta di un fan sotto palco, Weinberg accetta di suonare con un paio di bacchette che lo stesso spettatore gli porge. Nessuna scena montata: «Ho detto che lo faccio e lo farò!» – dice Weinberg. Un gesto spontaneo, accolto con un sorriso e con una naturalezza che conferma l’atmosfera del concerto. Una serata diretta, senza formalismi, dove la distanza tra artista e pubblico è azzerata.
Tra un pezzo e l’altro, Weinberg scherza: «Sento poco, colpa di quello che abbiamo fatto ieri sera!», riferendosi con autoironia al concerto con Springsteen. Poi scende tra il pubblico, raccoglie le richieste e dà il via libera a una sequenza entusiasmante: Night Moves (Bob Seger), Fortunate Son (Creedence Clearwater Revival) e Friday on My Mind (The Easybeats).
A metà serata arriva il colpo di scena: Garry Tallent, storico bassista della E Street Band, sale sul palco per regalare due momenti speciali con Long Tall Sally (Little Richard) e Birthday dei Beatles. E su richiesta dello stesso Claudio Trotta, parte una versione graffiante di I Wanna Be Sedated dei Ramones a cui seguiranno Good Times Bad Times (Led Zeppelin), dove Weinberg sfida sé stesso, e l’iconica The Weight (The Band).
Verso i tre quarti dello show, Weinberg cede la batteria al suo tour manager Mark Stain, che prende in mano le bacchette per Handle With Care dei Traveling Wilburys e l’immancabile Twist and Shout, brano che i fan di Springsteen hanno ballato la sera precedente. Una pausa comprensibile, considerando che dietro la batteria c’è un instancabile settantaquattrenne che non perde un colpo.
Weinberg torna alla guida per un altro classico, Hang On Sloopy dei McCoys. Il concerto continua con una serie di brani impeccabili: Take It Easy (Eagles), I Can See for Miles (meraviglioso omaggio da parte dell’artista a Keith Moon), Cinnamon Girl di Neil Young e la vibrante Rocky Mountain Way di Joe Walsh.
Dopo quasi due ore di musica, sudore e applausi, la serata volge al termine e arriva il momento clou: Weinberg invita il pubblico a salire sul palco per ballare tutti insieme Glory Days di Springsteen. Un gesto simbolico e affettuoso verso i fan, che chiude la serata come era iniziata: con il pubblico protagonista.
Sei anni fa al Castello Sforzesco, oggi ai Magazzini Generali, Max Weinberg dimostra ancora una volta di essere molto più di un batterista leggendario. È un amante della musica, un ascoltatore appassionato, uno showman generoso. Nonostante qualche intoppo tecnico ed una location poco adatta, la band regge senza problemi e il pubblico si diverte per davvero. Nessuna posa da star, zero fronzoli: solo grande musica e voglia di condividerla.
Weinberg si presenta per quello che è: un batterista di livello altissimo, ma anche un appassionato che conosce e ama ciò che suona. E questo, sul palco, si sente tutto.
Scaletta