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Vent’anni di Wilco, la musica del caso

E’ una storia parallela, la stessa ma da un’altra prospettiva e con un’altra profondità, quella che racconta Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 (quattro CD, quattro stelle) splendido cofanetto con un booklet di 64 pagine abbinato all’antologia, What’s Your 20? Essential Tracks 1994-2014 (due CD, quattro stelle). I Wilco sono stati un frutto dell’idea della casualità, molto amata da Jeff Tweedy, perché essere estremi, essere spigolosi è (forse) più semplice, in una sola direzione, ma loro hanno allargato il concetto (e non sono stati in molti a farlo) e lo sono stati in tutti i sensi. Antichi e moderni. Acustici ed elettrici. Corporativi e indipendenti. Tristi e felici. Sono stati sospesi, in bilico, sul filo del rasoio, a lungo e per sempre, e l’apice, prima, dopo e durante Yankee Hotel Foxtrot, il disco che ha inaugurato il ventunesimo secolo, e a cui rimanda il titolo di questa raccolta di outtakes, ha rivelato la vera forza dei Wilco. Essere “random”, imprevedibili, eccentrici, rinnovabili, mutevoli. L’essenza del rock’n’roll.


Wilco 0,01: At The End Of The Century

A priori, bisogna dire la verità: di davvero inedito in Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 non c’è un granché, ma almeno i Wilco hanno l’onore di non mettere insieme un disco di scarti e residui e scorie. Dicono con chiarezza che è una raccolta di brani rari, outtakes, demotape e altre invenzioni, tutto quello che è andato disperdendosi in vent’anni di vicissitudini e riunito sotto lo stesso tetto.
Per una curiosa coincidenza, la storia dei Wilco si allunga da quella delle Violent Femmes (non è un caso, trattandosi di due delle più innovative rock’n’roll band degli ultimi trent’anni). Frank Riley, che poi li porterà a suonare ovunque, era a Chicago proprio per fare un bilancio di metà anno con Gordon Gano e svolto il suo compito, aveva ben pensato di bersi una birra in santa pace. Saggia decisione perché sulla soglia dell’ultimo bar aperto, incontrò Jeff Tweedy con in mano i nastri di A. M. e, come ricorda nelle note di Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014, deve essere stato il primo a sentirli. Jeff Tweedy lo conosceva dai tempi degli Uncle Tupelo, con cui aveva incrociato il Dust Bowl con l’Hollywood Bowl (la felice definizione è di Bill Bentley, che scrive l’introduzione a Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 e che ha seguito i Wilco nei palazzi dell’industria discografica).
In prospettiva l’attitudine pionieristica degli Uncle Tupelo appartiene più a Jeff Tweedy che a Jay Farrar e una delle teorie con cui i Wilco si sono dovuti confrontare è che in rete c’è soltanto un 1% che pubblica o trasmette idee e contenuti, mentre tutti gli altri ne usufruiscono. E’ una percezione valida anche nel mondo reale, che i Wilco hanno interpretato fin da A. M. con una spinta eclettica: sono pop e sono cool, sono indie e sono noise, sanno essere rarefatti o ridondanti, e, più di tutto, non hanno paura di tentare o sbagliare. Per quanto paradossale, è proprio la casualità, l’unico dato costante nella vita dei Wilco.
La prima parte di Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 sottolinea quanto sia stata repentina e concreta l’evoluzione dei Wilco a partire dal songwriting di Jeff Tweedy, qui rappresentato in diversi gradi di modulazione tra Childlike And Evergreen, Someone Else’s Song, Promising, Blasting Fonda, Don’t You Honey Me e No More Poetry. Una galleria di canzoni riprese nelle condizioni più disparate, dallo spunto iniziale con tutti i rumori di fondo alla registrazione casalinga giusto per non perdere l’attimo fuggente dell’ispirazione e delle idee. Il work in progress è sempre molto interessante e la differenza tra Jeff Tweedy solista e i Wilco si nota quando dalla parte del sound del gruppo si schiera un produttore come Brian Henneman, il leader dei Bottle Rockets, uno che fa parte di quell’1% di rock’n’roll hearts che non molleranno mai. L’immediatezza di A. M. deve molto allo spirito convinto, concreto e genuino di Brian Henneman e Box Full of Letters, Passenger Side, I Must Be High o ancora di più Casino Queen, quasi un omaggio ai Rolling Stones e ai Faces o una risposta ai Black Crowes, ne sono la testimonianza più efficace.
I primi Wilco sono un’altra rock’n’roll band rispetto a quelli più recenti e non soltanto per la composizione (in questi vent’anni, sono rimasti soltanto Jeff Tweedy e John Stirratt). Sembrano due variazioni della stessa entità, lanciate verso direzioni opposte. E’ facile dire che la prima era proiettata verso il passato, e la seconda lanciata nel futuro. Una semplificazione utile a discernere un po’ l’intricato Wilcoworld, che però si scontra subito con l’apparizione di Being There, dove misero in chiaro una personalità non trattabile. Vollero l’album doppio e a prezzo speciale e, anche a costo di rimetterci (e ci rimisero una barca di soldi), dimostrarono la propria indipendenza così come una rara onestà intellettuale. La lezione di Tom Petty & The Heartbreakers, con cui a questo stadio c’è più di un’affinità, non è andata perduta (anzi). Quando sei dalla parte dell’1%, non ti puoi permettere indecisioni e nelle pieghe di Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 non è difficile ricordare quanto grande fosse, ed è ancora, Being There. Con quel disco, i Wilco dicevano che erano arrivati per restare, e non lasciano dubbi nemmeno le alternate takes, le variazioni sul tema e le versioni dal vivo riportate a vario titolo di Outtasite (Outta Mind), Forget The Flowers, Red-Eyed And Blue, Outta Mind (Outta Site), I Got You (At the End of the Century), Monday e The Lonely 1. Così come evidenzia la ricchezza di Being There, Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 riaccende una luce sulle ombre di Summerteeth.
Nella storia dei Wilco è il capitolo più fragile e pop, tanto è vero che Nels Cline dice che se gli avessero fatto sentire quello, molto difficilmente avrebbe accettato l’idea di diventare il loro chitarrista. La rilettura, per l’occasione, attraverso True Love Will Find You In The End, (una canzone di Daniel Johnston che era nel singolo di A Shot In The Arm), I’m Always In Love nella versione acustica di Jeff Tweedy, i demotape di ELT e She’s A Jare Tried And True, mostra un cambiamento allo stato primordiale, e basterebbe una qualsiasi successiva versione dal vivo di Via Chicago (qui riproposta in una forma ancora molto grezza) per capire che Summerteeth era soltanto l’inizio della svolta, un tentativo sommerso dagli arrangiamenti e dalle pressioni di chi non stava capendo i Wilco e/o cosa stavano diventando. Molto di quello che è successo in seguito, da Yankee Hotel Foxtrot in poi, trova una sua radice, anche solo per reazione o per contrasto, in Summerteeth. Sono stati “random”, i Wilco, ma non sono mai passati dallo stesso punto per due volte e certi errori non li hanno ripetuti. Per la precisione, molte di queste canzoni sono tratte da un bonus disc, And Sum Aren’t, a suo tempo allegato a una edizione limitata di Summerteeth, compresa At My Window Sad And Lonely che, insieme all’alternate take di Airline to Heaven e alla bella versione dal vivo di California Stars, celebra il passaggio di Mermaid Avenue dedicato a Woody Guthrie. Anche quello fu un momento delicato per le frizioni tra i Wilco, in particolare Jay Bennett, e Billy Bragg, che però racconta un gruppo con la vocazione alla sorpresa, a sorprendere e a sorprendersi.
I Wilco sono stati spiazzanti, divaganti, dylaniani (molto) nell’interpretare a modo loro l’intera storia del rock’n’roll. Nei quattro dischi di Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014, ordinati in una sequenza cronologica, la prima parte è alimentata anche dal legame tra i Wilco e le rock’n’roll band e/o i songwriter che li hanno preceduti e ispirati, rispolverati attraverso una miscellanea di canzoni ripescate da tributi, omaggi, collaborazioni e benefit assortiti. L’elenco comprende One Hundred Years From Now di Gram Parsons (che Jeff Tweedy si premura di ricordare nella sua frequentazione con gli Stones), James Alley Blues con Roger McGuinn in onore a Harry Smith, Who Were You Thinking Of dei Texas Tornados (e in ricordo di Doug Sahm), Burned dei Buffalo Springfield (e di Neil Young in particolare) e persino gli Steely Dan (anche se Jeff Tweedy ha detto che “nel gruppo c’è qualcuno che è molto più appassionato degli Steely Dan di me”) con Any Major Dude Will Tell You, riletta con risultati più che pregevoli. Per non dire di The T.B. Is Whipping Me, la prima incisione dei Wilco, con Syd Straw poi presente anche I Am Not Willingdei Moby Grape. Forse una chiave di lettura di tutte queste rivisitazioni si può trovare in Thirteen dei Big Star suonata come se fosse una canzone di Jackson Browne. Bill Janovitz, cantante e chitarrista dei Buffalo Tom ha detto: “Sono poche le canzoni che catturano bene la dolorosa innocenza dell’adolescenza così bene”.
C’è una certa casualità anche nel diventare adulti e nel continuare ad arrembare attorno all’idea del rock’n’roll, che è proprio tutto ciò che è capitato ai nomi compresi nell’elenco e di conseguenza ai Wilco. E’ lo stesso corso della storia del rock’n’roll che li alimenta e a cui fanno riferimento con Jeff Tweedy in prima fila, e senza tante perifrasi: “Il rock’n’roll, che sia banale, scontato o ridicolo, non me ne frega un cazzo, è l’unica cosa che mi suscita delle emozioni”. Non è facile diventare grandi o diventare adulti e poi, quasi senza soluzione di continuità, una specie di risposta arriva da I Shall Be Released con i Fleet Foxes che è qualcosa di una bellezza unica, da incorniciare. Anche se quella canzone lì l’abbiamo sentita mille volte e in mille modi diversi (i Wilco la regalavano a chi si registrava per andare a votare) nel gioco “random” di Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014 porta nel cuore di tenebra della storia e non senza una certa ironia visto che c’è stato un periodo di transizione in cui per i Wilco essere “released” (in tutti i sensi) era davvero un miraggio, una speranza, un’illusione, un’ipotesi del caso.

Trovi l’articolo intero su Buscadero n. 374 / Gennaio 2015.

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