
STEVE HOWELL & THE MIGHTY MEN
Yeah Man
Out Of The Past
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Steve Howell è un signore poco più che settantenne, di origine texana, appassionatosi da adolescente alla musica, a cominciare da Mississippi John Hurt o Reverend Gary Davis. Negli ultimi quindici anni ha pubblicato quasi altrettanti album, spesso accompagnato dai fedeli Mighty Men, una formazione comprendente Chris Michaels (chitarra), Jason Weinheimer (basso, tastiere) e Dave Hoffpauir (batteria).
Nei dischi ha riversato il suo interesse per la musica americana ad ampio raggio, soprattutto blues, folk, country, gospel e talvolta jazz, privilegiando un approccio elettroacustico e una scelta accurata ed eterogenea del materiale da registrare. Come il nome dell’etichetta lascia intendere, l’attenzione è rivolta in maggior parte al passato, cercando di rivisitare a modo loro pagine più o meno note degli artisti preferiti.
Chitarrista e cantante dallo stile lineare e compassato, Howell lo è, a volte, persino troppo, tanto che in alcuni frangenti questo rischia di limitare l’impatto dei brani. Succede, ad esempio, nella canzone titolo, Yeah Man, una ripresa del grande e compianto Eddie Hinton (compariva infatti sul suo capolavoro Very Extremely Dangerous) qui però sprovvista dell’urgenza originaria. Funziona meglio Long Lonesome Blues di Blind Lemon Jeffereson, in quartetto diventa un blues minimale e cadenzato. Ancora in ambito blues la rilettura onesta di 20% Alcohol tempo medio di J.B. Hutto, già nel repertorio di Lil’ Ed o Dave Weld.
Su un altro versante, ecco I’m Glad For Your Sake, una ballad che conta innumerevoli versioni (Ray Charles, Paul Gayten, Dinah Washington): questa di Howell e soci ha come riferimento quella del Sir Douglas Quintet, con meno vivacità. Sulla stessa linea un brano di matrice country, Little Ol’ Wine Drinker Me che ha conosciuto a sua volta molte interpretazioni (Merle Haggard, Dean Martin, Robert Mitchum…).
Due brani sono esecuzioni strumentali, la dylaniana Chimes Of Freedom, in un discreto arrangiamento, e Mercy Mercy Mercy, scritta da Joe Zawinul per Cannonball Adderley e divenuta un successo nella seconda metà dei ‘60, in questo caso costruita sul dialogo tra chitarra e tastiera. Ad aggiungere ulteriore varietà, una Dearest Darling di Bo Diddley col caratteristico beat e un gospel classicissimo, Wade In The Water.
Nel complesso la qualità esecutiva resta buona, si arriva in fondo al disco, tuttavia, senza particolari scossoni o cadute, dietro lo sguardo un filo nostalgico di Howell e dei suoi.