Foto © Rodolfo Sassano

In Concert

The Raveonettes live a Milano, 29/5/2025

C’è una grande novità, inaugurata da pochissimo, in Triennale a Milano: si tratta di Voce Triennale, uno spazio ricavato dove un tempo c’era la discoteca Old Fashion, posto alla stessa altezza dei Giardini e che, oltre ad avere un bar e una sala interna con uno spazio dedicato al suono (che sarà lungo tutto l’anno sede di concerti, dj set, installazioni sonore), durante l’estate ne ha un altro anche all’aperto, che va ad aggiungersi a quello classico (più grande), presente gli altri anni nel parco esterno.

Dove prima c’era un solo palco, grazie a un minimo di ri-organizzazione, ora ce ne sono due, uno con una capacità di circa 700 posti (il nuovo), l’altro di qualche migliaia (il vecchio, dove prossimamente si esibirà, ad esempio, Beth Gibbons). Una gran bella situazione, non solo per la location, sempre molto suggestiva, per la posizione centralissima e facilmente raggiungibile coi mezzi, ma anche per le possibilità in termini di programmazione, di cose magari anche insolite, che apre. Qualcosina c’è da aggiustare ancora, certo (a un certo punto della serata è finita la birra, venduta a prezzi milanesi, ovviamente), ma siamo agli inizi e già ora c’è poco da eccepire.

Io era la prima volta che ci andavo – ma l’inaugurazione è recentissima – perché proprio qui suonavano i danesi The Raveonettes, band che credo avessi già visto in passato, ma qualche lustro fa. Suonano sul nuovo palco, che non è certo enorme, ma permette di vedere e sentire bene da un po’ tutte le posizioni, pure in una serata come questa, che comunque è sold out.

Aprono i veneziani Glazyhaze, freschi di pubblicazione di Sonic, loro secondo album, che li conferma, affinando la loro proposta, possibili alfieri del nuovo movimento shoegaze. Non fosse per i grazie che Irene, cantante chitarrista della formazione, pronuncia di tanto in tanto tra un pezzo e l’altro, sarebbe difficile capire che sono italiani. Sul palco sono forse ancora un po’ timidini, ma il sound ce l’hanno tutto e anche le canzoni non sono per niente male. Il loro set è insomma più che piacevole e anche il pubblico presente al momento è parso gradire. 

Mancavano dall’Italia da un decennio abbondante i Raveonettes, un periodo di tempo nel quale hanno pubblicato almeno tre album (l’ultimo dei quali, Pe’ahi 2, lo scorso 25 aprile) e in cui, se devo essere proprio sincero, li ho un po’ persi di vista. Qui, Sune Rose Wagner (chitarra e voce) e Sharin Foo (chitarra, basso e voce) si presentano in trio, accompagnati da un batterista. I tre pezzi con cui aprono le danze arrivano tutti dal nuovo album e suonano tutti come un misto tra shoegaze e dreampop melodico e sognante, anche se ritmato e immerso in nuvole di distorsione. Sono il biglietto da visita di uno show tutt’altro che adagiato sul nuovo lavoro – dopo Blakest, Killer e Speed, troverà posto in scaletta, più avanti, solo Strange – quanto piuttosto pensato come una sorta di panoramica su tutta la loro carriera, tanto che le canzoni si susseguono più o meno a blocchi di brani, presi di volta in volta da un particolare album.

La cosa funziona molto bene, perché così emergono le varie anime della loro musica, quella rock’n’roll debitrice di fifties e sixties, quella più velvettiana  e minimale, la loro componente più wave, così come quella più rumorosa che un po’ le fonde tutte. Il suono delle chitarre, soprattutto quella di Wagner, è a dir poco spettacolare; le voci sono perfette nel ricreare la magia di pezzi sempre dal sottile fascino retrò (in Ode To L.A. si sente anche quella registrata di Ronnie Spector, una delle loro eroine, con cui ebbero modo di collaborare, che «ora che non c’è più, è comunque con noi») e il batterista si rivela molto efficace, anche quando ripropone sulle pelli il sound basico e ipnotico di una drum machine

Da appassionato soprattutto delle loro prime cose, il sottoscritto ha goduto parecchio con pezzi come Aly, Walk With Me, The Great Love Sound o Attack Of A Ghost Rider, ma la verità è che tutto lo show è stato eccellente e che pure la band sul palco ha dimostrato di essere contenta e pure un po’ emozionata, come quando nell’unico bis sbagliano l’attacco di Recharge & Revolt e sono costretti a ripartire da capo. 

Finita qui? In realtà no, perché subito dopo la fine del concerto dei Raveonettes ci si può spostare nella bella sala interna (ne vedete una foto qui sopra, presa dal sito della Triennale), visto che in programma c’è pure un Dj set di Joe Talbot, il cantante degli Idles. Io rimango giusto un po’, ma il mattino dopo la sveglia è presto e per far nottata ballando ci saranno altre occasioni. Voi, però, tenette d’occhio il sito della Triennale, per scoprire cosa bolle in pentola negli spazi di Voce.

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