Tutte le foto © Barbara Pasquariello

In Concert

Vinicio Capossela live a Milano, 19/10/2025

Grande serata al Conservatorio di Milano. Vinicio Capossela e una super band hanno celebrato il 25° anniversario di Canzoni a manovella, un album, (pubblicato appunto nel lontano 2000) che si riproponeva di salutare, con suoni e immagini, la conclusione del Novecento. Il disco — lo ricordo — fu presentato nell’ottobre del 2000 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, cornice adatta per un’opera che celebrava i fasti dell’innovazione tecnica con umanità, ingenuità e nostalgia. Pubblico delle grandi occasioni e palchi gremitissimi, caldi, hanno reso l’ambiente ideale per la rivisitazione di alcuni classici caposseliani.

Oltre a un Vinicio particolarmente carico, la band si è dimostrata fin da subito una macchina da guerra, perfetta nella sezione ritmica (alla batteria, uno splendente e fantasioso Mirco Mariani) nonché impreziosita dalla presenza di Roy Paci alla tromba e da una sezione d’archi — violini e violoncello — guidata dal maestro Raffaele Tiseo, di notevole valore. Tra le alchimie sonore, al di là degli strumenti-giocattolo, da sempre una passione di Vinicio, è apparsa regale la presenza di Vincenzo Vasi al vibrafono e al theremin, uno strumento da me non particolarmente amato, creatore però di suoni esoterici (avete presente la colonna sonora della sanguinaria serie televisiva, in salsa britannica, L’Ispettore Barnaby?) che nelle composizioni di Vinicio, devo ammettere, funzionano al meglio.

Per celebrare il ventesimo secolo, l’artista entra in scena con marsina e cilindro, mentre alcuni dei suoi musicisti indossano giacche militari con alamari, creando sul palco una scenografia ben studiata. Ci pensa poi Capossela a disegnare il proprio concerto con (brevi e) dotte citazioni passando da Ernest Hemingway a Cesare Pascarella, da Smirne a Lubecca, riuscendo a guidarci, come solo i grandi artisti sanno fare, tra gioia e malinconia, amore e dolore, allegria e riflessione. Nel corso del concerto, durato circa due ore e mezza, Vinicio ha percorso in sequenza tutti i brani dell’album partendo da Bardamù per arrivare alla conclusiva Nella pioggia. Per ogni brano ha raccontato una storia, un aneddoto, un ricordo di questa importante gestazione discografica nata sotto la guida artistica del compianto Renzo Fantini, con Pasquale Minieri alla produzione del suono; il tutto sotto l’egida della casa discografica CGD, che all’epoca dei fatti aveva sede in Galleria del Corso a Milano.

Sono passati «solo» venticinque anni, ma sembra veramente un periodo dissolto tra le nebbie del tempo, come il Novecento cantato da Vinicio e sgretolatosi sotto i nostri occhi. Tra i brani che hanno infiammato la platea, ricordo la bellissima versione per tromba e orchestra della Marcia del camposanto (Fantini, reputandola troppo cupa, nutriva dubbi sul suo inserimento in scaletta) e I pagliacci (utilizzata come sigla dello spettacolo teatrale Il circo di Paolo Rossi), oppure la toccante I pianoforti di Lubecca, una delle migliori composizioni di Vinicio, dedicata agli strumenti dimenticati nei magazzini della città tedesca dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il brano termina con un accenno al Va, pensiero verdiano e anche questa citazione, come spiegherò al termine della recensione, non è casuale.

Per Capossela, il Novecento è anche la drammaticità dei campi di concentramento, e con essi il ricordo di quanto ne scrisse Primo Levi in Se questo è un uomo, titolo che pensavamo irripetibile e ci è invece stato riportato alla mente dal genocidio di Gaza: la struggente Suona Rosamunda ricorda i prigionieri costretti a suonare questa allegra canzone nei lager, per far divertire i soldati nazisti. È tempo, poi, di Contratto per Karelias, in cui l’artista affronta un tema sonoro — quello del rebetiko di tradizione ellenica — destinato a riaffiorare in Rebetiko Gymnastas del 2012, album consacrato per intero a questo genere musicale greco. Bellissima Signora Luna, dove Vinicio canta al pianoforte con intensità e passione; il bis finale, accolto dagli spettatori in tono festante, è sottolineato dal valzer della recente Il tempo dei regali, che chiude un concerto di rara bellezza.

Ancora due commenti. Questa performance al Conservatorio di Milano è un’anteprima del Barezzi Festival che si terrà a Parma dal 13 al 16 novembre (info qui). Il festival è intitolato ad Antonio Barezzi (1787–1867), un mecenate e sostenitore del talento di Giuseppe Verdi, tra i primi a comprendere la grandezza del compositore.Quest’anno, il festival prevede un approfondimento su Canzoni a manovella che coinvolgerà anche giovani talenti musicali attraverso il Barezzi Lab, dove i partecipanti dovranno reinterpretare un brano di Capossela e uno di Verdi. Prima del concerto al Conservatorio, Capossela si è esibito a Casa Verdi, in Piazza Buonarroti a Milano, la casa di riposo per musicisti fortemente voluta dal compositore di Busseto nel 1899. Se passate da Milano, vi consiglio la visita, perché è un luogo ricco di storia e passioni musicali. In quel di Casa Verdi, Capossela al pianoforte ha suonato con gli anziani ospiti, un incontro emozionante.

Infine, e qui concludo, in questi giorni, nel meraviglioso Teatro Olimpico di Vicenza, andrà in scena Nel bosco di latte: Voci, canzoni, storie, narrazioni attorno all’opera di Dylan Thomas. Oltre a Vinicio — principale interprete della performance — saranno della partita Nada e le voci registrate di numerosi personaggi: Paolo Rossi, Alessandro Bergonzoni, Luciana Littizzetto, Stefano Bollani, Patty Pravo, Roy Paci, Geppi Cucciari e molti altri daranno vita alle strambe figure create dalla fantasia del poeta irlandese. A Vicenza, si esibiranno con Vinicio, Alessandro “Asso” Stefana alla chitarra, Andrea Lamacchia al contrabbasso, Raffele Tiseo al violino e Alessandro Mizzi come voce recitante. L’opera, nata nel 1954 come radiodramma, potrebbe essere un futuro progetto radiofonico che conferma ancora una volta la figura di Vinicio come una personalità poliedrica e originale nel panorama musicale italiano. Per concludere, e tornando al concerto al Conservatorio, vorrei sottolineare ancora la bravura dell’artista e del suo ensemble. Bravo Vinicio, ottima serata: ora attendiamo il prossimo album.

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