Foto © Lino Brunetti

In Concert

Aldous Harding live a Milano, 2/4/2023

Incredibile a dirsi, ancora capita di assistere a recuperi di concerti saltati all’epoca del lockdown e delle limitazioni dovute alla pandemia. Questo concerto di Aldous Harding per esempio, per il quale abbiamo dovuto aspettare oltre un anno rispetto alla data programmata in origine. Poco male comunque, l’entusiasmo per l’ultimo Warm Chris, uscito per l’appunto un anno fa, non pare essere scemato e, anzi, ad accogliere la cantautrice neozelandese al Santeria Toscana 31 di Milano c’è un prevedibile sold out.

In apertura di serata, un set del compagno nella vita e band member H. Hawkline, pseudonimo del multistrumentista e singer songwriter Huw Evans, già collaboratore di lungo corso di Cate Le Bon, la quale gli ha prodotto il recentissimo Milk For Flowers, ultimo parto della sua discografia solista, da pochissimo uscito per Heavenly Recordings.

E sono principalmente le canzoni del nuovo disco quelle che ha suonato nella sua breve esibizione. Senza la band ad accompagnarlo, si è presentato con voce, chitarra e basi, curiosamente mandate da un registratore a bobina ben in vista sul palco al suo fianco, presentato con un: “ecco qui la mia band”. Scelta bizzarra, ma in linea col personaggio, le cui frequentazioni dicono già tutto. Autore di un pop non ovvio e pertanto neppure troppo immediato, a tratti leggermente barocco, sottilmente psichedelico nei suoi rimandi ai sixties più arzigogolati e, quasi inevitabilmente, propenso a non discostarsi più di tanto da quanto fatto ultimamente dalla citata Cate Le Bon, H. Hawkline ha messo in mostra le sue buone carte, allestendo un set di sicuro molto piacevole, ma, viste le premesse, non certo indimenticabile (soprattutto per me che, invece, con la band m’è capitato d’incrociarlo più di una volta). Tra l’altro, per il sottoscritto, i momenti più emozionanti sono stati quando alle basi ha rinunciato, offrendosi unicamente con voce e chitarra, scelta che in definitiva sarebbe stata più azzeccata.

Ad ogni modo, piccola pausa, ed Evans torna poco dopo sul palco, in qualità di bassista e, alla bisogna, chitarrista, quale membro del quartetto che accompagna la compagna (ehm, scusate il bisticcio di parole). Completano la band la tastierista e chitarrista Mali Llywelyn, il chitarrista e tastierista Harry Bohay e il batterista, anche alla tromba, Gwion Llewelyn.

Basta il modo in cui sale sul palco per rendersi conto che Aldous Harding è come sempre un personaggio del tutto imperscrutabile, in qualche modo una sorta di enigma insolvibile: ha un atteggiamento tra il circospetto e il perso nel suo mondo, sottolineato da movenze tra il timido e il teatrale e da espressioni facciali un pizzico allucinate.

È probabilmente uno di quei musicisti che vive il palco e l’esposizione al pubblico con difficoltà Aldous, un po’ come è sempre accaduto a un’altra cantautrice fortemente emotiva come Cat Power. A un certo punto, dopo una bellissima The Barrel, si siede alla tastiera di fianco a Mali Llywelyn per eseguire Bubbles, ma avviene qualcosa di non del tutto chiaro: sia Mali che Evans scoppiano a ridere guardandola, ride anche lei, prova ad accennare il pezzo, ma poi rinuncia come sopraffatta da un mix di emozioni e passa oltre, scusandosi dell’accaduto, ma di fatto non eseguendo il pezzo.

Aldous Harding, in passato, dal vivo l’ho vista diverse volte e, sia pur col suo fare stranito, i concerti li ha sempre portati a termine senza intoppi. A parte questo tutto sommato isolato episodio, anche stasera in realtà è stato poi lo stesso. Con la band dietro a darle sicurezza, Aldous è sempre perfetta nel modulare le sue diverse voci nelle varie canzoni eseguite, tratte soprattutto da Warm Chris e, in seconda battuta, da Designer, con la sola, bella Imagining My Man a rappresentare Party.

Il pubblico risulta particolarmente caloroso e le fornisce un abbraccio continuo che lei pare recepire con un misto di gioia e sottile imbarazzo. Accenna qualche timidissimo thank you, prova a dire qualche parola, ma viene fuori una mezza frase smozzicata. Alla fine, ciò che più conta, ricambia con le sue bellissime canzoni che, pure in sede live, confermano il fatto che è a una fuoriclasse che ci si trova di fronte. Alterna pezzi in cui suona la chitarra, ad altri in cui accenna una sorta di passo di danza o suona qualche percussione e, attraverso questo mix di grande musica e imponderabile teatralità, emoziona ed appassiona.

In fondo, è anche perché è così che viene così facile volerle bene.

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