Panda Bear, Geologist, Avey Tare

In Concert

Animal Collective live a Milano, 7/4/2016

Apertura in grande stile per la prima edizione ufficiale della branchia milanese del festival di musica elettronica Club To Club (#C2C MLN) – solitamente di stanza a Torino, quest’anno lì si svolgerà dal 3 al 6 novembre – ancora una volta in collaborazione con MiArt e spalmato su tre sere e tre differenti location – Magazzini Generali, Cinema Aramis, Santeria Social Club – con performance e Dj set di artisti quali Arca, Powell, Babyfather, Micachu, Jaime, Bienoise e altri. È toccato infatti al live degli americani Animal Collective inaugurarla, con l’unica data italiana prevista a supporto del loro recentissimo, brillante, ultimo album, Painting With.

In una serata che prevedeva anche un aftershow con i portoghesi DJ Marfox e Dj Nigga Fox, col producer texano Lotic e con l’etiope Mikael Seifu, l’apertura è stata affidata a GFOTY – ovvero Girlfiend Of The Year, moniker dell’inglese Polly-Louisa Salmon – uno dei nomi di punta della chiacchieratissima label PC Music. Se ci limitassimo a valutarne solo il lato musicale, dovremmo senza dubbio stroncarla senza pietà. Quella della Salmon, però, in questo fedele all’estetica propugnata dalla sua etichetta, è una proposta dal valore soprattutto extramusicale, colma d’ambigua ironia, in cui i topos del più becero pop commerciale vengono messi alla berlina attraverso una trasfigurazione eccessiva, tramite la sottolineatura dei suoi elementi più banali, come se venisse adottata una metodologia punk e irriverente all’hip-hop e al pop elettronico che infesta le classifiche. Probabilmente solo una grossa presa per il culo – in primis nei confronti di un pubblico messo di fronte al lato più posticcio immaginabile della musica e performance pop, con tutto quanto ne consegue – ma quantomeno divertente.

Tutt’altra storia ovviamente con gli Animal Collective. Da sempre sono un grandissimo fan della loro musica – devo essere sincero, soprattutto della prima fase della loro carriera – ma le volte precedenti in cui li avevo visti dal vivo, m’erano piaciuti senza però scatenare particolari entusiasmi. Questa volta invece, devo ammetterlo, hanno proprio spaccato! Assente, come sull’ultimo disco, Deaken, si sono qui presentati in tre più uno, nel senso che Panda Bear, Avey Tare e Geologist – tutti impegnati su tastiere, effetti ed electronics – erano qui accompagnati dal batterista Jeremy Hyman dei Ponytail.

Attorniati da scenografie da fumetto cubista, illuminati da visuals come sempre splendidi, i quattro hanno convinto grazie alla potenza caleidoscopica della loro musica, alle loro strabilianti armonie vocali, ad una scaletta magistralmente orchestrata. Il funambolico drumming di Hyman ha saputo aggiungere un bel dinamismo alle impalcature musicali costruite dagli altri tre, apparentemente sempre al confine col caos, eppure sempre lucidissime nella costruzione di un sound indefinibile, tra psichedelia, pop, elettronica e rumorismo, visionario e potente, caramelloso e coloratissimo.

È piaciuto parecchio il modo in cui hanno armonizzato alcuni ripescaggi dai vecchi album con le atmosfere super melodiche dell’ultimo disco, dando vita ad alcuni passaggi molto emozionanti: penso ad esempio alla sequenza fluida e contrastata che ha visto sfilare, una via l’altra, la trasfigurata cover di Martha Reeves & The Vandellas Jimmy Mack, le astrazioni folk di una incantata e bellissima Bees e subito dopo la martellante techno mutante di Natural Selection. Tanti ovviamente i momenti dedicati a Painting With, le cui caratteristiche dal vivo vengono addirittura potenziate e spedite fra le stelle: clamorosa una Golden Gal che più beachboysiana non si può; accolta da un’entusiasmo contagioso l’appiccicosissima Flori Dada; colme di piccoli particolari sonori Lying In The Grass e Spilling Guts, quest’ultimo il pezzo d’apertura.

Come si diceva, comunque, azzeccati anche i ripescaggi, perfetti nel dare respiro e un’appropriata dinamicità alla scaletta: Bees a parte, da Feels hanno tratto anche una sempre sospesa Loch Raven, anche se le sorprese maggiori sono arrivate nel finale. Inaspettato è stato infatti il recupero di Alvin Row, tratta dal loro primissimo album, Spirit They’re Gone, Spirit They’ve Vanished, trasformata in una sorta di ballata al contempo classica e futurista, mentre la chiusa è arrivata col sognante ed estatico trip dronico di una maestosa Daily Routine, un’oasi di emozione pura, in origine su Merryweather Post Pavillion.

Il non dover sedere dietro ai tamburi ha permesso a Panda Bear di dedicarsi con maggior forza alle sue parti vocali, e visto che buona parte della magia del loro sound sta proprio nell’interazione della sua voce con quella di Avey Tare, non si può che definirla buona cosa. Un’ora e mezza di show quasi perfetta insomma, coi pezzi incastonati uno nell’altro in un flusso continuo, che neppure l’insostenibile temperatura da sauna, all’interno di dei Magazzini Generali affollatissimi, è riuscita a rovinare. Potere della musica.

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