Recensioni

Death, N.E.W.

death_newalbumDEATH
N.E.W.
Drag City
***

Detroit,1971: tre fratelli di colore, David (chitarra), Bobby (basso e voce) e Dennis Hackney (batteria) formano una band denominata Rock Fire Funk Express. All’inizio è essenzialmente funk la musica che suonano; ben presto, però, influenzati da quanto accade in ambito rock nella loro città, mutano pelle, cambiano nome in Death – in onore del loro padre, morto investito da un ubriaco, con in mente l’idea che da una cosa negativa potesse nascerne una positiva – e si dedicano ad una musica dura e potente, in cui le radici black si mescolano col sound di band quali Stooges, MC5, Grand Funk Railroad, ma pure alla lezione di gruppi britannici come Who, Led Zeppelin e Beatles. Tre neri che suonano quello che loro definivano hard drivin’ rock’n’roll, ma che noi oggi potremmo facilmente appellare quale punk, sono senza dubbio un’anomalia, una mosca bianca. Nella loro comunità nera, quella dell’Eastside di Detroit, vengono bellamente ignorati, quando non spinti a tornare al funk o a conformarsi al soul; i bianchi chiaramente non vengono neppure a sapere della loro esistenza e loro stessi ci mettono del proprio quando il mitico Clive Davis della Columbia gli offre un contratto e loro lo mandano allegramente affanculo perché non hanno nessuna intenzione di cambiare il proprio nome come questi vorrebbe. Risultato, mentre sono in vita suonano giusto a qualche party raffazzonato, pubblicano un paio di singoli e, pur in possesso di un sacco di materiale autografo, scompaiono nel nulla. Troppo avanti per i loro tempi, in quanto neri troppo radicali (anche politicamente), spazzati definitivamente via dall’arrivo prepotente in città della disco, i Death si sciolgono. Bobby e Dennis si trasferiscono in Vermont e formano prima i 4th Movement e poi la reggae band Lambsbread, David (che era il principale songwriter della formazione) rimane a Detroit e si arrabatta coi lavori più disparati, continuando a scrivere canzoni essenzialmente per sé e finendo con lo spegnersi per via d’un cancro nel 2000. Giusto un anno dopo, nel 2001, il loro nome inizia a circolare su Internet, un loro singolo viene piazzato su eBay per 1000 dollari e, grazie anche all’interessamento del figlio di Bobby, Bobby Jr. Hackney, parte un processo di riscoperta che ha visto la loro storia raccontata attraverso ben tre album di registrazioni d’archivio e, alla maniera di quanto accaduto con Rodriguez, da un film, “A Band Called Death”, diretto da Mark Christopher Covino e Jeff Howlett. Arriviamo così ai giorni nostri, a Bobby e Dennis che, con l’innesto del chitarrista Bobbie Duncan, già con loro nei Lambsbread, rimettono in piedi la band, ricominciano a suonare dal vivo ed oggi pubblicano un vero e proprio nuovo album, fatto di pezzi in cui continua ad aleggiare la presenza dello scomparso fratello David. Aperto da un inno al rock’n’roll quale Relief, N.E.W. è un album di rude punk-rock chitarristico, dal classico tiro detroitiano, capace di accendere un cono di luce su una band sfortunata che, se avesse saputo imporsi all’epoca, forse oggi celebreremmo se non come seminale quantomeno di culto. Le striature black appaiono soprattutto in Look At Your Life, dall’andamento ben poco lineare, colma di stop & go e come uscita da un album dei Dirtbombs, e in Who Am I?, dal vigore soul. Sory Of The World parte acustica, ma poi vira in un tripudio chitarristico 70s; The Times è un affondo selvaggio a là MC5; Playtime, breve e pungente, si ricorda per il suo piglio melodico; At The Station ha un tono più lirico, sottolineato da una chitarra serrata; You Are What You Think è invece più arzigogolata ed hard. Rock potente, sempre molto anni ’70, quello dei pezzi con cui si chiude il disco (Resurrection e l’innodica Change). Alla fine, questo lo si potrebbe considerare il loro vero esordio, un album d’altri tempi in un’epoca in cui il concetto della cronologia temporale è ormai sfumata via.

 

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