Recensioni

Gov’t Mule, The Dark Side of The Mule

gov't muleGov’t Mule
The Dark Side of The Mule
Evil Teen Records
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Halloween, la notte di Ognissanti da celebrare con lanterne di zucca e macabri travestimenti, è un momento magico per il popolo americano ed in particolar modo per chi decide di festeggiare con un concerto, o almeno tale è diventato da quando  il 31 ottobre 1994 i Phish, per primi, ebbero l’idea di indossare un costume musicale e trasformarsi nei Beatles del White Album. Da allora quella trovata geniale è diventata una consuetudine ed un tale successo per il quartetto del Vermont, che altre band  hanno pensato di replicarla: tra queste, i Gov’t Mule, che hanno orizzonti diversi ma una filosofia simile ai Phish, nel corso dell’esibizione di Halloween del 2008 al The Orpheum Theatre di Boston, hanno dedicato un intero set alla musica dei Pink Floyd.
Sebbene  il torrenziale southern rock sospeso tra blues e  psichedelia dei Gov’t Mule possa sembrare piuttosto  distante dalle esplorazioni lunari e dalle tirate prog della celebre formazione britannica, la passata militanza del batterista Matt Abts e le occasionali  partecipazioni di Warren Haynes al progetto Blue  Floyd, tribute band americana attiva nei primi anni ‘00,  fanno intuire quanto l’associazione non sia del tutto  fuori luogo e per niente casuale. Quella serata del 31 ottobre 2008, un concerto unico e irripetibile, è oggi  un disco dall’allusivo titolo The Dark Side of the Mule, pubblicato in versione singola (comprendente solo il repertorio Pink Floyd) o tripla con l’aggiunta di un DVD  (con l’intera performance): prezioso documento di un  evento nel corso del quale i Gov’t Mule indossano i  panni della band di Roger Waters e David Gilmour, per  interpretare ed elaborare le canzoni, tutte famosissime,  alla propria maniera, ponendo l’accento sulla fantasia, sulla fluidità dei suoni e sull’improvvisazione. Ciò non  significa che i Gov’t Mule stravolgano totalmente il  repertorio dei Pink Floyd, anzi questo succede molto  più spesso con i brani autografi, ma bastano la voce  polverosa e sudista insieme alla monumentale chitarra  di Warren Haynes a trasformare Money in un torrido  blues madido di gospel e jazz; oppure gli splendidi  cori soul di Machan Taylor, Sophia Ramos e Durga  McBroom Hudson a fare di Great Gig In The Sky la  colonna sonora perfetta per una cerimonia voodoo.  In effetti la magnifica Confortably Numb è abbastanza  fedele all’originale, così come Fearless, la lisergica  Breathe e la nebulosa On the Run, ma alla fine l’estro  dei Gov’t Mule viene sempre a galla quando le trame  delle canzoni si dilatano come nella monumentale e bellissima Shine on You Crazy Diamond (suddivisa in  Part 1 e Reprise per una durata complessiva di circa  mezz’ora), dove lunghi, laceranti assolo di chitarra,  progressioni delle tastiere di Danny Louis e slanci  soul del sassofono di Ron Holloway si amalgamano  in una caleidoscopica spirale; come nella fantastica  versione di Wish You Were Here, spolverata di country  come fosse uscita da Brothers and Sisters; come in una  stupefancente Have a Cigar, cantata da Abts seguendo  le ondulazioni di uno scurissimo e febbrile funky blues; o in una esplosiva Time, virata al southern rock.
Prima che lo “scherzetto” di Halloween abbia inizio, i  Gov’t Mule suonano comunque un primo set da fuochi  d’artificio, che parte con le cannonate southern di una  grintosa Brighter Days; passa per il boogie zztoppiano  della selvaggia Bad Little Dodgie; per i fumi hard di una  potente Brand New Angel ed esplode in un grandioso  medley composto dalla jazzata Trane, chiaro omaggio  al grande sassofonista; e dalla swingata Eternity’s  Breath, presa a prestito dal repertorio di Jeff Beck; che  sfuma in una clamorosa St. Stephen dei Grateful Dead  in una cascata di jam ed assolo. Prima della pausa c’è  tempo per l’allmaniana Kind of Bird (da Shades of two  Worlds), un quarto d’ora di funamboliche variazioni  jazz-rock e fantasiosi cambi di ritmo, come se Bitches  Brew e In Memory of Elisabeth Reed si fondessero in  un’unica traccia. Al termine della parentesi floydiana, la  band torna alle proprie canzoni anche per gli encores  che chiudono la serata, spazzolando soul e radici  nel caldo crescendo di Million Miles From Yesterday e intrecciando psichedelia e blues in una versione  mozzafiato della classica Blind Man in The Dark.
Tre  ore di musica, 24 canzoni, molte delle quali davvero  epocali: The Dark Side of the Mule è un’autentico  spettacolo con i Gov’t Mule mai così ispirati e la  musica dei Pink Floyd che non è mai sembrata tanto  americana.

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