Recensioni

Jason Isbell, Something More Than Free

isbellJASON ISBELL 
Something More Than Free
Southeastern Records/ Goodfellas
***½

Il percorso artistico di Jason Isbell da solista(sono ormai 8 anni da quando ha lasciato i Drive – By Truckers), è stato faticoso e travagliato da problemi con l’alcool (vinti nel 2012, grazie all’aiuto della moglie, la cantante/violinista Amanda Shires), lo ha condotto al suo capolavoro Southeastern, che lo ha inserito d’imperio tra i vertici del genere Americana. La commovente canzone d’amore ad Amanda, Cover Me Up, ha vinto il titolo di Song Of The Year all’Americana Music Award. Southeastern è stato finora il suo disco più personale, partorito dopo una lotta contro i propri demoni che lo aveva condotto ad un cammino di redenzione, culminato poi con la storia d’amore con Amanda.

Il quinto disco solista di Isbell, Something More Than Free, vede quindi alla produzione lo stesso Dave Cobb, continuando così l’ottimo abbinamento di Southeastern. L’album è stato registrato al Sound Emporium studio di Nashville, insieme con la sua band i 400 Unit (musicisti sempre del giro Muscle Shoals, guidati dal chitarrista Sadler Vaden); impagabile poi la presenza della moglie Amanda Shires al violino e ai cori. Isbell ha detto che questo Something More Than Free ha un che di celebrativo, infatti si situa in un momento in cui Isbell ha ritrovato la gioia di scrivere nuove canzoni, forse sull’onda anche di una nuova serenità famigliare che sarà arricchita a breve dalla nascita di un figlio.

Il suo song-writing, è arricchito dalle finezze musicali apprese nel suo lavoro di turnista presso i Muscle Shoals Studios e dall’esperienza con i Drive-By Truckers; ma Jason sa miscelare la dolcezza di una lullaby, con la tristezza inesplicabile di una murder ballad. Questo Something More Than Free non è cosi toccante, come il suo predecessore; ma raccoglie meravigliose storie, non necessariamente biografiche, componendo ritratti di persone che navigano a vista in questo mondo difficile. Se prima assistevamo alla sua rinascita, ora veniamo proiettati in avanti, verso la ricerca di un senso nella vita, dura e difficile per tutti.

Questo Something comunque non si limita a ripercorrere strade già note, come ad esempio in Speed Trap Town (dove canta di una piccola cittadina famosa solo per le multe comminate dal locale sceriffo per eccessi di velocità), ma affronta sonorità di più vasto spettro, come ad esempio nell’iniziale If It Takes A Lifetime che presenta un sound da anni ’70, ricordando musicalmente Will The Circle Be Unbroken. Il testo narra di un loser che sta faticosamente cercando di rigare diritto, odia il suo lavoro, ma si impone di andarci ogni giorno: “I don’t keep liquor here/never cared for wine or beer/working for the county/ keep me pissing clear”. Sono parole forti che ti squassano dentro, ma i conflitti interiori continuano anche nella storia di The Life You Chose (bella ballad elettroacustica, con sonorità alla James Taylor e twangy guitars) dove canta: “Sunday morning I’m too tired to go to church/ but I Thank God for the work” e ti vengono i brividi ricordando Sunday Morning Comin’ Down di Kristofferson. Anche Children Of Children rammenta gli anni ’70 e si presenta sontuosa con tanto di archi e poderosa chitarra elettrica. Più intimiste canzoni come How To Forget, retta per buona metà solo dall’accompagnamento dell’acustica sulla sofferta voce di Jason che chiede che gli si insegni a scordare la lezione e come dimenticare il passato..

Se Southeastern era il ritorno alla sobrietà e la riflessione di una maturazione sofferta; Something è l’aspra constatazione di una consolidata maturità (forse) finalmente raggiunta; il commento di Jason sa di saggezza biblica: “Non so se le cose diventeranno più sopportabili; ma le cose che prendo seriamente sono un po’ più piene di gioia che di tristezza. Sono una persona generalmente più felice e penso che le canzoni riflettano tutto ciò”. Di certo lui ci fornisce un ritratto al presente come in 24 Frames (sono 24 al secondo le immagini catturate da una video-camera), come ci ricorda Jason, che ironicamente definisce che il suo sound è alla Lynyrd Cohen (tra cantautorale e Drive-By Truckers) ed in cui canta: “All happy families are alike/each unhappy family is unhappy in its own way”. Questa ricerca di valori emerge infine alla grande nell’emozionante, dolce Flagship, dedicata all’amata Amanda: “ Let’s not ever get that way/ I’ll say whatever words I need to say/I’ll throw rocks at your window”; mentre il prorompente rock-blues di Palmetto Rose costituisce il trait d’union tra il country Nashvilliano e l’Alabama rock dei Drive-By Truckers; la finale To A Band That I Loved paga poi il tributo al gruppo dei Centro-Matic, con cui suonava quando era libero da impegni con i Drive-By Truckers.

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