foto: Rodolfo Sassano

In Concert

Joan Baez, Teatro degli Arcimboldi di Milano, 12/03/2015

Ricordo un concerto di Joan Baez, che ho visto molti anni fa sempre a Milano, questa volta all’Arena. Era il 24 Luglio 1970 e il concerto è finito in anticipo perché un acquazzone improvviso ha coperto l’Arena. Tutti bagnati, fradici e felici. La serata era stata di quelle che si ricordano a lungo, molto a lungo. Se la ricorda anche la Signora Baez, almeno è quanto mi ha detto nell’intervista.
Sono passati 35 anni, ma Joan Baez non è cambiata. Beh, adesso è una signora, gentile e piacevole, di 74 anni. Forse non ha la voce stentorea che aveva un tempo, ma il palco lo tiene bene e, dovunque va, cerca di entrare in contatto con il pubblico. A Milano ha spesso presentato in italiano le sue canzoni, ha fatto qualche riferimento sociale (Val di Susa), ha rievocato certe cose del passato. e ha cantato per quasi due ore, cercando di comunicare di continuo con il pubblico. Un pubblico caldo, molto caldo, che ha partecipato, cantato, battuto le mani, che si è schierato con la cantante, seguendo sempre quello che lei cercava di fare.
Ho letto qualche articolo un po’ critico, ma penso che chi lo ha scritto o non conosce la Baez o non ha capito lo spirito della serata: un concerto come questo ci riporta indietro di almeno trent’anni, ma non andiamo certo per criticare, ma per partecipare, per farci coinvolgere, per cantare quelle poche parole che ci ricordiamo. Un concerto di Joan Baez è un rigenerante e coinvolgente tuffo nei nostri ricordi, nella nostra vita, nelle cose che abbiamo visto e sentito: canzoni come Farewell Angelina, There But For Fortune, It’s All Over Now Baby Blue, Diamond & Rust, Swing Low Swing Chariot, Gracias a La Vida sono parte di noi, dei nostri ricordi e, anche per questo, hanno un fascino grandissimo che anche a distanza di anni rimane immutato.
Joan non era sola sul palco, c’erano con lei due musicisti: il polistrumentista Dirk Powell, molto noto in patria, con già alcuni dischi a suo nome e Gabriel Harris, percussionista raffinato e figlio di Joan (con David Harris). I due la hanno sostenuta in vari momenti della serata (Powell ha anche danzato con lei, brevemente, in Give Me Cornbread When I’m Hungry). E poi, in qualche canzone, Joan si è fatta aiutare da Grace Stamberg, che nel suo entourage è una sorta di tuttofare, ma ha una bella voce e fa il paio in Just The Way You Are, una canzone scritta da Powell. Apparirà poi anche alla fine. E’ vero che c’è qualche coretto molto nostalgico, molto old fashioned, che mi fa sentire un po’ fuori tempo, come certi ta-ta-ta, ma tutto va preso come effetto Baez, perché lei è così, è comunicativa, ti tira dentro, vuole che tu partecipi.
Il concerto è comunque molto piacevole ed oltre ai brani di Dylan, oltre ai già citati Farewell Angelina e It’s All Over Now Baby Blue, c’è anche Blowin in The Wind che chiude definitivamente i giochi. Poi ci sono delle canzoni da battaglia come Joe Hill, God is God (scritta per lei da Steve Earle), Jerusalem, Dona Dona, Here’s to You, la canzone del film Sacco e Vanzetti, che arriva prima di Blowin in The Wind. Momenti molto belli sono There But Fior Fortune, corale, Un Mondo D’Amore, non tanto per la canzone quanto per la partecipazione, Swing Low Swing Chariot, toccante e sempre straordinaria. E, ancora. Gracias a La Vida, che chiude la serata prima dei bis e C’era un Ragazzo che come me Amava i Beatles ed i Rolling Stones, che la riapre. E poi Imagine di Lennon, dolcissima e due classici assoluti che hanno elevato ulteriormente la performance. Una splendida The House of The Rising Sun, che è diventata una dei suoi cavalli di battaglia e la straordinaria The Long Black Veil, un tocco di tradizione, un tuffo nel sound Americana, per una canzone ha fatto grandi sia Johnny Cash che The Band. Bella serata, molto bella.

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