LOU RHODES
Theyesandeye
Nude/Goodfellas
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Se l’ascolto del nuovo album di Beth Orton dovesse avervi fatto sentire orfani delle atmosfere del precedente Sugaring Season, forse potreste in qualche modo consolarvi ascoltando Theyesandeye di Lou Rhodes. Intanto non è difficile ipotizzare l’esistenza di un comune background fra le due autrici: se la Orton ha fin dai suoi inizi flirtato con l’elettronica, facendola interagire col cantautorato folk, la Rhodes, attraverso quei Lamb di cui è metà, l’elettronica l’ha eletta a terreno d’elezione, lasciando però alla sua carriera solista il compito di scandagliare più tradizionali paesaggi cantautorali. Mentre coi Lamb ha realizzato sei album, contando quest’ultimo, sono quattro i lavori in proprio pubblicati dal 2006 ad oggi.
Nasce dalla voglia di sperimentare Theyesandeye, dal dichiarato desiderio di assecondare le radici classicamente cantautorali della sua scrittura, miscelandole con sonorità un po’ insolite, dal feeling quasi psichedelico, dal mood sognante, in perfetto equilibrio tra folk e pop. Partner e valido aiuto della Rhodes in quest’avventura, il co-produttore e multistrumentista Simon Byrt, mentre tra i musicisti coinvolti figurano Ian Kellet alla pedal steel, la batteria di Nikolaj Bjerre, gli arrangiamenti d’archi di Danny Keane e l’arpa di Tom Moth.
Proprio una canzone della citata Orton potrebbe ricordare l’ottima All The Birds messa in apertura, me è l’onirica All I Need, con le sue stratificazioni vocali, i suoi echi quasi spettrali, il suo sound vintage, ad imprimere personalità al lavoro. Angels si bea dei suoi suoni acustici, con una bella melodia romanticamente accarezzata dagli archi; Sea Organ ha un vitale pulsare di basso a darle forza; Them accorpa piano, snare drums, gli archi, mentre la voce tesse una tela tra folk e dream pop; Hope & Glory è in punta di plettro, introspettiva, con l’arpa a contappuntare. E mentre pezzi come Circle Song e Full Moon si fanno avviluppare da un tessuto strumentale sontuoso ed elegante, Sun & Moon si gioca la carta del minimalismo incantato a là Lisa Germano, Never Forget esplora il più puro cantautorato intimista al femminile e Magic Ride cede ad un pizzico di malinconia, tra tocchi di piano e la vellutata carezza di un violoncello.
Questo disco è l’equivalente musicale di una vecchia magione fatta di legni antichi, piena di spifferi, di odori e di ricordi, in cui si è trasferita a vivere una famiglia giovane, colma di sogni, con uno sguardo limpido e fresco. Un bel sentire, insomma.