In Concert

Sqürl live a Milano, 1/2/2023

Sebbene sia conosciuto soprattutto come regista e sceneggiatore cinematografico, Jim Jarmusch è sempre stato anche un musicista, con una carriera laterale che data al principio degli anni 80. Che la musica sia per lui un elemento importantissimo, del resto, appare chiaro anche solo scandagliando la sua filmografia, vi basti pensare a quanto Neil Young sia stato fondamentale nel tratteggiare con le sue partiture le atmosfere di “Dead Man”; a come un film come “Broken Flowers” abbia contribuito al rilancio del jazz etiope e di Mulatu Astatke in particolare; all’enorme numero di musicisti che appare, a volte anche nel ruolo di se stessi, nei suoi film (Tom Waits, John Lurie, Iggy Pop,  Joe Strummer, Screaming Jay Hawkins, Jack White, RZA, Yasmine Hamdan, i White Hills, etc), giusto per fare qualche esempio. Come si diceva, in realtà, Jarmusch è stato anche membro di diverse band: The Del-Byzanteens, Bad Rabbit e, ovviamente, Sqürl

Proprio con questi ultimi, al momento un duo formato da lui e dall’amico Carter Logan, è passato dall’Italia per una serie di show tutti andati invariabilmente sold out. Non uno spettacolo classico, bensì un concerto-proiezione nel quale vengono musicati quattro film muti di Man Ray, fotografo, pittore e cineasta solitamente associato al dadaismo e al surrealismo, corrente quest’ultima di cui fu tra i precursori prima e tra gli esponenti maggiori poi. Un progetto, questo degli Sqürl, messo a punto nel 2015 in occasione del festival “Silent Films, Live Scores”, e che oggi Jarmusch e Logan stanno nuovamente portando in giro.

Noi abbiamo assistito alla data di Milano, al teatro della Triennale, parte della ricca programmazione del “FOG Performing Arts Festival”, il cui programma potete visionare qui (diciamo che la presenza in programma di Meredith Monk non dovrebbe passare inosservata). Il palco è allestito con la batteria e i synth di Logan sulla sinistra e le chitarre, gli amplificatori e il banco con pedali ed electronic devices di Jarmusch a destra. I due salgono sul palco con un leggero ritardo sull’orario annunciato, così da permettere al pubblico di prendere posto agevolmente e con calma. 

Normalmente il concerto non prevederebbe introduzioni o parti parlate di nessun tipo, c’informa il canuto chitarrista, ma qualche giorno fa è morto Tom Verlaine, figura gigantesca del rock e di quella New York dalla quale lo stesso Jarmusch proviene, e quindi il tutto si apre con un pezzo speciale proprio a lui dedicato, un brano visionario e denso di feedback, una versione più arty e metropolitana di un pezzo degli Earth, se volessimo azzardare un paragone, con gli accordi twanging pronti a sfaldarsi in un bordone vibrante e lirico. Grandissimo inizio.

Poi le luci, da basse che erano, calano ancora di più, e dietro di loro inizia la proiezione delle pellicole di Ray. I film che vengono proiettati sono “L’étoile de mer” (1928), “Emak Bakia” (1926), “Le retour à la raison” (1923) e “Les mystères du Château du Dé” (1929), autentici classici del cinema muto sperimentale. Gli Sqürl assecondano le immagini con una partitura che si profila come un unico flusso sonoro, creata partendo da un canovaccio scritto, esplicitato però attraverso un approccio improvvisativo nel quale trovano posto loop, stratificazioni di synth e chitarra, sporadici accordi e rade e super minimali sottolineature ritmiche.

Volendo riassumere tutto con una formula, Jarmusch e Logan si abbandonano completamente al drone, a un suono che rende ancora più oniriche e stranianti le immagini di Ray, legandosi ad esse attraverso un connubio inestricabile dal quale entrambi gli elementi, quello visivo e quello sonoro, escono come rafforzati. Ci si trova immersi in un profondo bordone dalle variazioni minime, dal magnetismo inebriante, fatto di saliscendi che proseguono ad ondate ammalianti e stordenti.

Un’operazione di notevole forza espressiva, nel quale gli strumenti del rock vengono utilizzati per dar vita a memorie di avanguardia newyorkese, quella che tutti noi ricordiamo grazie alle opere di Rhys Chatam, Glenn Branca o ai momenti più astratti di Velvet Underground e Sonic Youth, ma che in fondo sono anche non troppo lontane dalle elegie chitarristiche del prima citato Neil Young di “Dead Man”. 

Innegabile poi, per il sottoscritto, l’emozione di trovarsi di fronte di persona un regista da sempre amatissimo e considerato tra i più grandi quale Jim Jarmusch è. Grande serata!

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