Foto: Daniele Rimi

In Concert

Summertime Blues 2019

Giunto alla sua venticinquesima edizione il Summertime Blues Festival di Alcamo (TP), quest’anno traslocato nella suggestiva cornice della Piazza Stenditoio, angolo arioso del porto della vicina Castellammare del Golfo, ha regalato dal 26 al 28 Luglio di quest’anno dei succulenti momenti di grande musica agli attenti spettatori dell’ormai storica kermesse. 

E ciò a partire già dal Venerdì 26 con l’interessante combo della Red Light Band, gruppo castellammarese (ma con membri di altre parti della terra dei ciclopi) che, con la trascinante verve dell’armonica di Saverio Mazzara, ha reso viva e stimolante la lezione di Sonny Boy Williamson II, Little Walter e Paul Butterfield. Viatico perfetto per la star della serata: la notevole (in ogni senso) Ana Popovic. L’artista serba (ma sostanzialmente americana) ha promosso  il suo ultimo album, Like it on Top, forte di una band che ad una possente sezione ritmica statunitense (Bathel Burns al basso e Cedric Goodman alla batteria) assomma tre italiani di gran valore (Michele Papadia alle tastiere, Davide Ghidoni alla tromba e Marco Postacchini al sax tenore). La leader dalla voce grintosa e con una tecnica chitarristica sbalorditiva (magistrale l’uso del wah-wah) ha saputo sapientemente coniugare furori elettrici e saporiti accenti R&B. Da Gonna Love Tonight, alla waitsiana New coat of paint (con stratosferico assolo del trombettista, memore della lezione di Faddis e Soloff), da Mo’ better love (pezzo black ‘radio oriented’ nello stile Rufus/Anita Baker) alla title track Like it on Top (funk alla James Brown con chitarra bollentissima spesso in unisono coi fiati), fino alla Crosstown Traffic di Jimi Hendrix, in inedita versione molto ‘Stax sound’ e con un solo di chitarra che ricorda più il Rick Derringer dei giorni d’oro che l’indimenticabile astro di Seattle (vamp di sax e tromba di grande effetto), notiamo una maturità artistica avviata alla piena compiutezza ed un blend sonoro funzionante e riuscito. Bravissima Ana ! 

La ventosa e calda serata di Sabato 27 si è aperta con l’Umberto Porcaro Quartet, combo palermitano che ha nel leader, ottimo chitarrista che ha molto personalizzato la lezione di T-Bone Walker e Duke Robillard (e che vanta esperienze in Europa e negli USA con B.B. King, Buddy Guy, Robben Ford e Jonathan Kane), la sua punta di diamante. Blues dalle forti influenze texane e dal feeling esaltante. 

Subito dopo salgono sul palco i Divas Blues & Soul Night, sestetto guidato dall’esperto batterista Luca Giometti. È una vera e propria soul revue, dove spiccano le due vocalist Fatimah Provillon e Deviana P. Morgan e la folle torrenziale vena solistica di Cris Pacini al sax alto (un Earl Bostic al fulmicotone) e di Leo Boni alla chitarra (una sorta di Marc Ribot misurato o, se preferite, di Ike Turner deflagrante).

L’impressione che la compagine dà ad un ascoltatore smaliziato è quella di essere una versione dei Colosseum (il portamento del batterista ricorda un po’ quello di un Jon Hiseman americanizzato) più virato al black-soul. Bellissima la selezione di brani memorabili che si susseguono sul palco: Chain of Fools, (You make me feel like) A Natural Woman, Miss Celie’s Blues, Summertime, una Proud Mary dagli accenti marcatamente preachin’, Piece of my heart, Respect, (Sitting on) The Dock of the bay e persino l’hit pop Why di Annie Lennox. Pubblico coinvolto e soddisfatto.

Tradizione e territori torridi prossimi al rock sono stati gli elementi respirati sul palco Domenica 29. Dapprima con il Don Diego Trio, band guidata da Diego Geraci, chitarrista nisseno (ma noto in tutto il mondo) dallo stile vicino a Brian Setzer e dalla cultura enciclopedica relativamente a rockabilly e dintorni. Infatti non sono mancati gli omaggi a Chet Atkins, Scotty Moore, Link Wray, Luther Perkins e Nokie Edwards, cioè a tutto quell’universo musicale che dal blues, passando per il western swing, giunge al surf ed al rock’n’roll. A coadiuvarlo egregiamente il batterista Sandro Pittari (impressionante per solidità di groove e swing) e Luca Guizzo Chiappara a basso e contrabbasso.

Il festival si chiude col blues tabaccoso, ruvido, elettrico e carico di soulfulness dell’Alvin Youngblood Hart’s Muscle Theory (che insieme al chitarrista e cantante afroamericano vede i fidi e trascinanti Fabio Drusin al basso e Silvano Bassi alla batteria, ossia 2/3 dei W.I.N.D.). Unica data italiana del suo european tour. Malgrado il jet lag ed un vento impietoso (il palco è a pochi metri dal mare) i tre non si risparmiano e riversano sul pubblico l’essenza lavica di un blues che sfocia nel rock più sanguigno. Alvin mi confiderà durante un’intervista che il suo musicista preferito è Jimmy Page. E ci può stare. Ma quello che sentiamo sul palco è un chitarrismo memore della lezione hendrixiana ma con sapienti pennellate rooted. Tra i brani, tutti eseguiti con appassionato vigore, lasciano il segno Watchin’ Brian Jones (dall’EP ‘Helluva Way’), How long change my clothes (da ‘Down in the Alley’), Motivational Speaker (dall’album omonimo), Fightin’ Hard (da ‘Start with the Soul’), una devastante Livin’ in a Strain (da ‘Big Mama’s Door’) e Back to Memphis (ancora da ‘Start with the Soul’). Pubblico visibilmente pago. Non si poteva chiudere meglio questa edizione che sancisce il quarto di secolo di una manifestazione che dal 1994 ha visto sfilare artisti come Louisiana Red, Mick Taylor, Jorma Kaukonen, Jack Casady, Tuck and Patti, Robben Ford, Keb’ Mo’, Popa Chubby, Canned Heat, Dr. Feelgood, Nine Below Zero e Scott Henderson. Blues on, folks!

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