Foto: Lino Brunetti

In Concert

UnAltroFestival 2019, Milano, 2/7/2019

Lo abbiamo già detto molte volte, Milano, negli ultimi anni, diciamo dopo l’Expo, si è definitivamente allineata a quelli che sono gli standard delle metropoli europee in fatto di offerta non solo concertistica, ma pure in termini di manifestazioni artistiche, mostre, festival, eventi culturali in genere. Stando anche solo alla musica, per certi versi c’è persino troppo e così ci si ritrova nella stessa sera a dover scegliere, chessò, fra i Tinariwen in Triennale e UnAltroFestival al Magnolia e, vabbè, se vogliamo dirla tutta, c’erano pure i Kiss all’Ippodromo San Siro.

Non essendo comunque Londra, logico che non tutti gli eventi di una stessa serata possano essere sold out o presi d’assalto dal pubblico. Da quello credo sia dipesa un’affluenza di gente decisamente al di sotto delle aspettative per quello che ormai da sette anni è un appuntamento fisso delle estati milanesi, UnAltroFestival, chiaramente la mia scelta per questo 2 luglio 2019. Un nome d’indubbio richiamo quale quello di Anna Calvi, una line up al 100% tutta al femminile, con artisti che negli ultimi mesi avevano fatto parlare parecchio di sé (Julia Jacklin, Jade Bird), a cui c’era da aggiungere il consueto contorno di nuove proposte, lo facevano apparire sulla carta come il classico appuntamento da non mancare. Così è stato alla fine, anche se non proprio tutto è andato liscio come l’olio.

La prima brutta notizia arriva all’incirca nel primo pomeriggio, quando si scopre che Jade Bird è stata costretta a cancellare la sua partecipazione per motivi di salute. Mi è capitato di sentire diversi  spettatori parecchio delusi dalla sua mancanza – tra questi pure il sottoscritto – ma quando ci si mette la sfiga di mezzo ben poco c’è da fare.

La seconda invece la si scopre arrivati sul posto. Visto che il pubblico non è proprio quello delle grandi occasioni – qualche centinaio di persone – la consueta alternanza fra i palchi che da sempre caratterizza questo festival (e che praticamente elimina qualsiasi pausa tra un’esibizione e l’altra) è mantenuta, però ad essere utilizzati sono il palco piccolo nel giardino e quello all’interno del locale, cosa che in queste giornate dai trenta gradi abbondanti non è parsa proprio una scelta entusiasmante (anche se mi rendo ben conto che sia stata obbligata, a meno di non voler operare continui cambi palco su quello esterno).

Detto delle cose negative – delle quali non si poteva comunque tacere – passiamo alla musica e qui, per fortuna, c’è stato ben poco di cui lamentarsi, a partire dall’esibizione dei giovanissimi Eugenia Post Meridiem, quartetto formato da Eugenia (voce e chitarra), Matteo (basso), Giovanni (chitarra e tastiere) e Matteo (batteria), in procinto di pubblicare il loro album d’esordio registrato a Berlino, previsto per il prossimo ottobre. Le belle melodie cantate da una sorridente e divertita Eugenia sono calate in un tessuto che, a seconda dei pezzi, occhieggia all’indie rock più classico, così come alle sue possibili deviazioni folk, il tutto sverniciato da una patina di evidente freschezza e da un gusto pop che non ha mancato di stuzzicare non poco.

Dopo di loro è la volta dei francesi Videoclub, duo giovanissimo, all’apparenza manco maggiorenne, formato dalla cantante, attrice e YouTuber (!) Adèle Castillon (voce e tastiere) e da Matthieu Reynaud (tastiere e chitarra). Io non li avevo mai sentiti nominare, ma pare che un loro pezzo sia virale sia sulle piattaforme di streaming che su YouTube, così come nelle radio, comprese quelle italiane. In effetti si sente qualcuno cantare le loro canzoni nel pubblico, il quale li accoglie con un certo entusiasmo. Il loro synth pop in francese però non è tale da essere realmente coinvolgente per il sottoscritto e i due, timidi e impacciati tanto da sembrare al loro primo concerto in assoluto, più che altro mi hanno fatto un po’ di tenerezza.

Meglio, molto meglio il set di Julia Jacklin e della sua band. Il nuovo Crushing ha segnato un deciso passo in avanti nella definizione di uno stile personale, portando a un livello successivo le belle cose già espresse dall’esordio uscito poco più di due anni fa. In larga parte proprio alle canzoni del disco più recente si è dedicata la cantautrice australiana – unica eccezione la bella Leadlight, dal primo album – facendo sfilare ballate come l’ombrosa Body o come la lunga e torturata Turn Me Down, tra l’altro sparate una via l’altra in apertura di show, tanto da permetterci di entrare subito nel mood della sua musica. I musicisti che l’accompagnano forniscono una solida base alle sue storie e al suo cantautorato capace di tingersi di elettrici sfregi indie rock (You Were Right), così come di accoccolarsi fra echi country (Head Alone, una Good Guy particolarmente avvolgente) o sixties (la citata Leadlight). Rispetto a quando l’avevo vista qualche anno fa m’è parsa decisamente più sciolta e sicura di sé, colpita dall’affetto dimostratole dal pubblico (nonostante di fatto stessimo facendo una sauna) e autenticamente emozionata dal fatto di suonare prima di Anna Calvi (È a causa sua se cinque anni fa decisi di comprarmi una Telecaster, ha ammesso candidamente, svelando implicitamente la sua giovanissima età). Se non l’avete già fatto, date un ascolto ai suoi due album, ne vale la pena.

E arriviamo infine alla protagonista indiscussa della serata: Anna Calvi. Nonostante dall’Italia sia passata a suonare ormai innumerevoli volte negli anni, non ero mai riuscito a incrociare il mio percorso col suo e quindi era per me un concerto particolarmente atteso. Diciamolo subito, pur nella concisione, poco più di un’ora, si è trattato di una performance particolarmente intensa, strepitosa. I temi e le canzoni dell’ultimo Hunter ben si prestano ad esibizioni spiritate e visionarie e la Calvi è parsa fin dalle prime battute un’officiante adeguata al ruolo. Accompagnata dalla polistrumentista Mally Harpaz e dal batterista (all’occorrenza anche agli electronics) Alex Thomas, la musicista inglese sale sul palco avvolta da una conturbante luce rossa che, tra gradazioni diverse, rimarrà il passionale tono cromatico di tutta l’esibizione. L’inizio è tutto dedicato ai pezzi del nuovo disco, a partire dalla stessa title-track, passando per ottime versioni di Indies Or Paradise o della pulsante As A Man. È con un brano come Wish che Anna però mette in chiaro definitivamente di che pasta è fatta. Il pezzo è un blues oscuro, dalle tinte sciamaniche quasi doorsiane, che dal vivo guadagna definitiva potenza rock smussando il feeling electro che aveva nella versione in studio. Rispetto a quest’ultima qui la durata viene quantomeno raddoppiata, oltrepassando i dieci minuti, in un saliscendi di emozioni fatte di urla lancinanti e sussurri che paiono un dialogo intimo fra te e lei, virtuosistici assoli chitarristici e fragorose esplosioni noise (oltre che cantante dalla voce notevole, a più riprese dimostra di essere chitarrista nettamente sopra la media), esposte attraverso un suono sulfureo, dilatato, d’insostenibile, quasi teatrale intensità. È uno dei picchi di uno show che ne conterrà altri, in un susseguirsi di suoni e melodie perfettamente legate fra loro da una personalità carismatica, la cui presenza scenica non lascia indifferenti. Il primo tuffo nel passato avviene con la sensuale No More Words – così come più avanti Rider To The Sea, Suzanne & I, I’ll Be Your Man e una sempre magnetica Desire tutte tratte dall’omonimo esordio, mentre è stato completamente ignorato One Breath – messa prima di una Swimming Pool romantica e dalla melodia luccicante. Il finale è all’insegna di un rock gotico e pulsante, quasi una cosa a mezza via tra Nick Cave e PJ Harvey, dapprima con una graffiante Don’t Beat The Girl Out Of My Boy, poi con una livida e lancinante cover di Ghost Rider dei Suicide, stordente chiusa di un concerto che (direi giustamente) non abbisognava di bis a incrinare il percorso esemplare appena fatto.

Bellissima serata nell’insieme, non rovinata da quel pizzico di sfortuna che UnAltroFestival, in quest’edizione 2019, ha dovuto subire. A noi pare sempre un appuntamento interessante del panorama estivo milanese e ci auguriamo pertanto che torni anche l’anno prossimo più forte che mai!

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