foto di Lino Brunetti

In Concert

White Hills live a Mezzago (MI), 25/04/2015

È un Bloom non pienissimo ma caloroso, quello che, nel giorno del settantesimo compleanno della Liberazione, ha accolto i White Hills nella loro ennesima sortita in terra italiana. Lo certificherà lo stesso Dave W durante il concerto, dicendo esplicitamente che non ci sono molti posti al mondo che lo fanno santire a casa come qui da noi. La serata era stata aperta dai The Gluts, band milanese che ha messo in scena le canzoni del loro recente Warsaw: ottima presenza scenica ed un suono potentissimo in bilico tra post-punk oscuro e psichedelia intrisa di distorsione chitarristica, queste le carte vincenti del loro ficcante ed esaltante set. Dovesse capitarvi, non perdeteveli perché meritano parecchio. I White Hills, col nuovo Walks For Motorists ancora fresco di stampa, salgono sul palco poco dopo, come sempre in formazione a tre: Dave W a voce, chitarra e synth, Ego Sensation a basso e voce e Rodney alla batteria. Luci sparate alle spalle ed ampio utilizzo di fumo, i tre si presentano come pure silhouette. Un rapido intro e subito ci spiattellano addosso il riff pulsante di No Will, il pezzo che apre il nuovo disco. Come sottolineammo recensendolo, col nuovo lavoro i White Hills hanno tentato nuove strade, non perdendo però di vista il loro essere campioni di psichedelico space rock. In questo senso è subito esemplare l’allucinata Lead The Way, un vero trip fatto di chitarre acide e basso ipnotico, a cui fanno seguire una iper satura The Condition Of Nothing, tratta dal capolavoro Hp-1. Immancabile in tutti i loro concerti, arriva esaltante Under Skin Or By Name – è il pezzo che eseguono anche in una scena dell’ultimo film di Jarmusch – heavy psichedelia stoogesiana della miglior specie. La chitarra di Dave W disegna liquidi assoli e sparge distorsione acida sul pubblico, mentre gli altri due reggono le fila del discorso con il loro groove compatto. In £SD Or USB la chitarra viene lasciata da parte in favore del synth, per dar vita al pezzo più ballabile della serata, ma è un attimo visto che la sei corde riappare sia in We Are What You Are che in Walks For Motorists. L’apoteosi chitarristica arriva però nel finale, prima con una mastodontica, dura e lisergica Hp-1, poi con la mercuriale (ma ben più corta dell’originale) Don’t Be Afraid ed infine col martellamento incalzante di Eternity in chiusura. Giusto il tempo di un bis e poi è tempo di andare a casa. Con le orecchie fumiganti, ma felici.

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