Recensioni

Dave Evans, The Words In Between

Dave EvansDAVE EVANS
THE WORDS IN BETWEEN
EARTH
***

Quel pizzico di notorietà che ha avuto – più che altro tra i chitarristi d’area folk e avant – il britannico Dave Evans l’ha sempre avuta (appunto) per il suo straordinario stile chitarristico fingerpicking, cosa che ne ha fatto un culto duraturo, magari sotterraneo, ma comunque un culto. Tra i suoi fan pare ci fosse un estasiato Lou Reed e uno dei singer-songwriter più in vista del momento, Steve Gunn, si è già speso come testimonial d’eccezione nei confronti di questa ristampa targata Earth del suo album di debutto, The Words In Between, risalente ai primissimi anni settanta e registrato su un nastro Revox nell’appartamento del folk singer Ian A. Anderson (non è quello dei Jethro Tull), all’epoca impegnato a mettere su una propria etichetta.

Le canzoni qui contenute – che tornano ad essere le originali dieci, dopo che una ristampa del 2001 approntata da Weekend Beatnik le aveva portate a quindici – sono una gran bella testimonianza d’epoca, che faranno felici gli appassionati della musica di Bert Jansch o John Renbourn, giusto per citare due probabili spiriti affini. Come in quelle dei due ben più famosi chitarristi inglesi, anche nei pezzi di Evans si mescolano folk e blues, mentre decisamente arretrata rimane qualsiasi tentazione psichedelica, tutt’al più evocata dal funambolico muoversi delle dita sulle corde.

Armato solo delle sue chitarre, della sua voce, al più di un armonica o del controcanto da parte di Adrienne Webber in alcune canzoni, Evans provava qui ad inserirsi nel nutrito panorama folk dell’epoca. La storia ci ha detto che la fortuna non gli ha mai realmente arriso: il suo songwriting era senz’altro buono, ma forse non abbastanza personale da farne un vero fuori classe e la sua voce non così espressiva da fargli oltrepassare il circolo degli appassionati di genere. Insomma, tutto sommato ci può stare che all’epoca sia rimasto poco più che una meteora. Senza nessuna riscrittura della storia, il disco risulta però molto piacevole oggi, soprattutto per via della citata abilità di Evans sullo strumento che, in effetti, merita proprio di essere segnalata. Per farla breve, se il genere vi stuzzica, senza che vi aspettiate nessuna epifania, un ascolto a The Words In Between glielo darei. Pezzi come Rosie, Insanity Rag o Sailor, tra le altre, una quarantina di minuti molto piacevoli ve li garantiranno di sicuro.

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