Speciali

POLL 2014: i dischi dell’anno secondo Buscadero

Introduzione

di Marco Denti

Forse, come dice uno dei protagonisti di Telegraph Avenue di Michael Chabon, è davvero “tutta una nostra teoria”, la dedizione che abbiamo per la musica e che cerchiamo di condividere mese dopo mese. Sì, come dice un altro personaggio del romanzo “c’è una specie di, come dire, di ideale” nel cercare di comprendere e divulgare la bellezza di dischi come quelli elencati del rituale poll che seguono un sottile filo femminile, da Lucinda Williams a Rosanne Cash da Natalie Merchant a Sharon Van Etten fino a Marianne Faithfull e Mary Gauthier. Ci sforziamo di spiegare perché quel capolavoro di Down Where The Spirit Meets The Bone abbia rastrellato quasi due volte i voti di Standing In The Breach e l’unica giustificazione plausibile (essendo entrambi splendidi) è che anche Jackson Browne avrebbe dovuto fare un doppio CD. Non ci basta mai, è vero, ma perché per noi la musica è “the real thing” proprio dove, nel resto del mondo, è accessoria e relativa.
Ci può stare perché l’arte, in generale, deve essere tutto meno che indispensabile, ma con la scusa del digitale e del virtuale, ormai la musica è ovunque, dal telefono al computer, dagli spot alle colonne sonore, dal sottofondo per i cocktail alle sigle dei computer. Ovviamente, non ci troverete Popular Problems di Leonard Cohen, che pure non è uno sconosciuto, Plain Spoken di John Mellencamp, Terms Of My Surrender di John Hiatt o Invisible Hour di Joe Henry, giusto per ribadire i dischi che più ci sono piaciuti. No, tutti vogliono la musica come quel “crepitio incessante di elettricità statica, non troppo diverso dal silenzio” che avvolge la resistenza del Brokeland Records, il negozio di dischi al centro della rocambolesca storia di Telegraph Avenue.
Tutti vogliono la musica, ma poi è come se non ci fosse, e pensano che Bob Seger e David Crosby e Bob Dylan ed Eric Clapton siano rimasti imprigionati in qualche crepa del tempo, e invece sono ancora qui, nel poll, e speriamo a lungo, vista la strage di musicisti che si lascia alle spalle l’anno appena passato. Tutti vogliono la musica, quindi applaudono convinti, convintissimi agli U2 che la distribuiscono gratis come se fosse la manna dal cielo e che nell’innocenza del loro marketing avvertono pure che se non ti piace, te la puoi cancellare. C’è qualcosa di perfido in un regalo con il biglietto di andata e ritorno, e non ci piace, al di là del fatto che anche il regalo non era questo granché. E’ un modo per non prendere in considerazione chi la musica l’ascolta davvero e si perde in lunghe discussioni per capire se è meglio Neil Young con l’orchestra o chiuso in una cabina di qualche secolo fa, se i Phish e Beck un giorno s’incontreranno, se gli Old Crow Medicine Crow resteranno a lungo quanto i Counting Crows e se la nutrita schiera di musicisti italiani (sempre ben rappresentati nel poll) riuscirà prima o poi a buttare giù qualcuno dei muri che imprigionano la musica italiana, l’altra, quella delle radio, della televisione e di quella roba che chiamano festival di Sanremo.
Dietro la cortina fumogena di questa omologazione, che è prima culturale, poi politica e sociale, e in fondo umana, l’anno che se ne è andato ha lasciato qualche scintilla di resistenza. Cominciano a essere in tanti ad accorgersi che il vinile è più vicino a uno strumento musicale che a un modo per archiviare la musica, ruolo di sicuro più adatto al CD. Qualcuno sembra sfiorato dall’idea che la biodiversità degli ecosistemi andrebbe applicata anche nell’economia e nel commercio, dove potrebbero coesistere la libreria di quartiere e il megastore, il negozietto degli appassionati e il supermercato per i frettolosi e chissà che nelle pieghe del Record Store Day prima o poi non spunti l’idea di spiegare per bene, come succede in Telegraph Avenue, che non “è solo un cazzo di negozio di dischi”. Dentro c’è la musica, che ha la forza di aprire spazi immaginari, di cambiare l’umore, se non proprio il livello della giornata, di lasciarci qualcosa, una passione, un’emozione, un brivido che niente e nessuno può portarci via.
Cominciate con Lucinda Williams (sì, Down Where The Spirit Meets The Bone è una o due spanne sopra tutti gli altri) e se proprio vi serve un doppio di Jackson Browne, prendete Looking Into You che non è solo il tributo dell’anno, ma un modo intelligente di “leggere” la musica, le canzoni, le idee, lo stesso che piace a noi.


Questa la classifica degli album del 2014 secondo Buscadero:

DISCO DELL’ANNO:
LUCINDA WILLIAMS – Down Where The Spirit Meets The Bone
(20 voti)

JACKSON BROWNE – Standing In The Breach (12 voti)

LEONARD COHEN – Popular Problems (10 voti)

JOHN MELLENCAMP – Plain Spoken (9 voti)

JOHN HIATT – Terms of My Surrender (9 voti)

JOE HENRY – Invisible Hour (8 voti)

ROSANNE CASH – The River & The Thread (7 voti)

BOB SEGER – Ride Out (7 voti)

DAVID CROSBY – Croz (7 voti)

BOB DYLAN & THE BAND – Basement Tapes Complete (7 voti)

ERIC CLAPTON & Friends – The Breeze (7 voti)

W. JOHNSON & R. DALTREY – Going Back Home (7 voti)

ROBERT PLANT – Lullaby And …..The Ceaseless Roar (7 voti)

TOM PETTY & The Heartbreakers – Hypnotic Eye (6 voti)

NATALIE MERCHANT – Natalie Merchant (6 voti)

OLD CROW MEDICINE SHOW – Remedy (6 voti)

AAVV – Looking Into You: A Tribute to Jackson Browne (5 voti)

PHISH – Fuego (5 voti)

BECK – Morning Phase (5 voti)

Seguono, con 4 voti:
NEIL YOUNG – Storytone / A Letter Home
COUNTING CROWS – Somewhere Under Wonderland
JOHNNY CASH – Out Among The Stars / Look Again To The Wind
THE WAR ON DRUGS – Lost In The Dream
LOWLANDS – Love Etc
LUF & MASSIMO PRIVIERO – Terra & Pace

Con 3 voti o meno:
Massimiliano Larocca, Eric Bibb, Gary Clark Jr, Michael Bloomfield, Dr. John, Sam Amidon, Chris Cacavas e Edward Abbiati, Delines, Bob Mould, Kenny Wayne Shepherd, Sharon Van Etten, Sun Kil Moon, Willie Nelson, Allman Brothers Band, Frazey Ford, Ruthie Foster, Cheap Wine, Richard Thompson, Marianne Faithfull, Hurray For The Riff Raff, Paolo Conte, Drive-By Truckers, Mary Gauthier, Matt Schofield, Joe Purdy, Michele Gazich.

 

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