Recensioni

John Carpenter, Halloween: Original Motion Picture Soundtrack

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HALLOWEEN: ORIGINAL MOTION PICTURE SOUNDTRACK
SACRED BONES
***

“Halloween”, il film del 1978 diretto da John Carpenter non è solo uno dei capolavori disseminati nella carriera del regista americano, ma una vera e propria pietra miliare del cinema horror, se non del cinema americano tutto. Negli anni, al capostipite creato da Carpenter e Debra Hill sono seguiti una serie di sequel uno più debole dell’altro – nei quali i due autori originali erano poco o nulla coinvolti – più un visionario e autoriale dittico di film in cui Rob Zombie reinventava da par suo la storia di Michael Myers, il terribile assassino protagonista della serie.

Ora esce un nuovo capitolo della saga che, nelle intenzioni degli autori, dovrebbe essere qualcosa di diverso. Il film diretto da David Gordon Green – e da lui scritto con Danny McBride e Jeff Fradley – infatti torna sul luogo del delitto quaranta anni dopo i fatti narrati nel film capostipite della serie. Lo fa per raccontare lo scontro finale tra una Laurie Strode ormai invecchiata, ma per nulla doma, anzi diventata nel frattempo una vera e propria combattente – con Jamie Lee Curtis nuovamente nei suoi panni – e il terribile Myers, affiancando omicidi e violenze al complicato rapporto intessuto fra i vari personaggi, in particolar modo figlia e nipote della protagonista.

Al momento non sono ancora riuscito a vedere il film, ma le prime recensioni che si leggono in giro (sostanzialmente americane, dove è fuori dal 19 ottobre, dopo un massiccio lancio promozionale) confortano sul fatto che possa essere almeno un ottimo film di genere. Detto questo, una cosa sicuramente intrigante è la notizia del coinvolgimento di Carpenter stesso, non solo nelle vesti di produttore esecutivo e consulente creativo, ma anche come autore della colonna sonora del film. Ad aiutarlo i suoi collaboratori più recenti, il figlio Cody Carpenter e Daniel Davies, coi quali ha ripreso in mano lo score originale (all’epoca messo a punto con Dan Wyman e Alan Howarth), a partire ovviamente dal celeberrimo, ormai mitico tema (qui al suo meglio nella sua trionfante versione finale, lunga oltre sette minuti) per darne una versione riveduta e corretta, parzialmente riscritta ed ampliata, in linea col sound presente non solo nei suoi ultimi dischi, ma pure dei concerti con cui si è presentato dal vivo negli ultimi anni.

È quindi tutto un trionfo di melodie tratteggiate al synth, percussioni sorde, partiture evocanti tensione e suspence, staffillate taglienti come lame e, ovviamente, un sacco di mestiere e di classe. Il sogno rimane quello che un giorno Carpenter possa tornare dietro la macchina da presa per un ultimo, definitivo capolavoro ma, in mancanza di quello, è comunque bello consolarsi con la sua musica, capace di reggere anche all’assenza delle immagini, con la quale sta finalmente raccogliendo i meritati frutti.

 

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